La recensione
Premere il tasto G per ascoltare i segreti delle donne
Chi abita nel quartiere Foppa Solari a Milano racconta di una donna mora, sempre molto elegantemente vestita e con la sigaretta sulle labbra, che ama sedersi ai tavoli dei bar e ascoltare le storie degli altri. Forse tanto materiale per i suoi libri lo ricava proprio da queste sedute in solitaria. È Rossella Calabrò, scrittrice, blogger e amante dei gatti. Il suo ultimo libro si chiama Il Tasto G (Sperling & Kupfer, pp. 206, euro 14,90). Dopo la serie sulle matrigne e le due parodie del best seller erotico dell’estate 2012 (Cinquanta sbavature di Gigio e Cinquanta smagliature di Gina), la Calabrò punta diritto al cuore delle femminilità. Filo conduttore del suo nuovo libro è quel punto nevralgico dell’intimità femminile, quell’Araba fenice che ha fatto ammattire ben più di una persona («Che vi sia ciascun lo dice dove sia nessun lo sa», per dirla con Mozart). Non si pensi a un libro di anatomia spinta o a un racconto erotico. Ne Il tasto G non è allegata una mappa per individuarlo, né istruzioni per il ritrovamento e il buon uso del fantomatico punto. Calabrò, con il suo stile ironico, leggero, a volte spinto, mai volgare, racconta storie e segreti che tante donne, e alcuni pochi coraggiosi uomini, narrano e rivelano al confidente preferito: un ascensore. Il suo nome è Gianbattista Stigler, ha più di 100 anni, è innamorato di tutte le donne ed è «il confessionale semovente più affascinante di tutti i tempi». Una specie di Don Giovanni, senza l’ossessione del punto G, anche perché lui il tasto G ce l’ha incorporato nella pulsantiera e gliel’ha regalato Marzia Mars, che viene da Marte. Lungo le pagine scopriamo che Gianbattista Stigler, ascensore galatuomo, ha un potere: legge la mente delle persone. Così, nei brevi ma intensi viaggi per raggiungere il piano giusto, Stigler ascolta e riporta i pensieri più nascosti, quelli che non confesseremmo neppure al prete o all’analista. Per 200 pagine si incontrano tanti caratteri di donna (e qualche uomo). Il gioco è a identificarsi, in una o in tutte (certamente l’autrice ha seminato bricioline in ognuno dei ritratti). C’è la ragazzina insicura, per esempio. Si chiama Una, parla la lingua dei gatti, figlia unica e arrabbiata, perché a scuola le danno della sfigata. C’è Giana Bifronti, la cinquantenne affascinante, che gli amici del figlio ventenne celebrano come una Milf (mother I’d like to fuck), ma Stigler non traduce. C’è la maniaca del controllo Severina Fasomì, che per evitare di soffrire, preferisce vivere nel limbo, senza amare e senza odiare. Per non parlare delle ciccione. Uno dei temi grossi (in tutti i sensi) del libro è l’angoscia delle donne, delle ragazze, delle bambine, per la ciccia. Vera o presunta che sia. Giunone, per esempio, si innamora del suo Giovedì, mollando quella carogna di Zeus che passa il tempo a costruirle un’impalcatura di corna andando a letto con tutte le terrestri che incontra. Blanca Nobichini, una vampira sedicenne cicciotta e insicura, rischia di rovinare il suo amore solo perché è terrorizzata dalla prova costume e rifiuta tutti gli inviti al mare dal suo bello (che sospetta abbia qualcun altro). C’è Libellula_89, che non esce mai di casa e non incontra mai nessuno, non ama, solo perché è grassa e si vergogna. Incontrando in rete Nick24 troverà il riscatto. Ma il tasto G, alla fine del viaggio, viene svelato o resta un mistero? La risposta è nella coda. Solo un indizio: non è un punto da trovare, ma un tasto da schiacciare. di Michela Ravalico