Polverini: "Così rilanceremo il lavoro nel Lazio"
Un passato da sindacalista (è stata leader dell’Ugl), un presente da governatore della Regione Lazio. Non si può dire che Renata Polverini non conosca il mondo del lavoro e i problemi ad esso connessi. Eletta alla Regione Lazio, nel 2010, ha messo in atto un consistente piano di lavoro e ha sottoscritto accordi con il governo per tutelare i livelli occupazionali. Oggi, a farla infuriare di più, sono i tagli agli enti locali previsti dalla manovra. La Regione Lazio è stata la prima, sotto la sua presidenza, ad adottare politiche attive per il lavoro e la famiglia, negli accordi siglati con le imprese, dai bonus bebè alle borse di studio per i ragazzi meritevoli. Tutte queste iniziative sono confluite a inizio anno nel Tavolo per il welfare familiare. Ci fa un bilancio di queste attività? «È un bilancio assolutamente positivo. Sin dal nostro insediamento abbiamo messo un campo uno sforzo notevole, sia per garantire gli ammortizzatori sociali ai lavoratori in difficoltà, sia per promuovere politiche attive. Ci siamo occupati, di circa 3.500 vertenze per un totale di 35mila lavoratori coinvolti ai quali abbiamo garantito la cassa integrazione e la mobilità in deroga e la necessaria formazione per il reinserimento nel mercato del lavoro. Siamo impegnati in vertenze che si trascinano da anni, penso alla Videocon di Anagni, e altre meno note, in diversi casi risolte positivamente con le aziende, anche introducendo elementi di novità come le borse di studio ai figli meritevoli di lavoratori in cassa integrazione». A quanto ammontano le risorse messe in campo per il lavoro? E dove sono dirette? «Per l’anno 2011 ammontano a 210 milioni di euro, di cui 150 di fondi statali e 60 di risorse regionali attraverso il fondo sociale europeo, messi a disposizione per le politiche di sostegno e le politiche attive. Altri 100 milioni, che nel 2012 saliranno a 150, sono stati riservati al ‘pacchetto giovani’. Solo nel mese di agosto c’è un impegno, tra i provvedimenti approvati, di oltre 120 milioni. Di questi, circa 60, sono rivolti alla creazione di due Fondi, uno per le emergenze occupazionali, l’altro per lavoro e occupazione, ma anche a finanziare l’obbligo formativo e la formazione per le aziende. Così come sono stati finanziati progetti volti a favorire l’emersione del lavoro sommerso, alla stabilizzazione dei lavoratori precari, all’occupazione dei giovani professionisti». Però dei giovani, almeno 3 under 30 su 10 sono disoccupati. Perfino il Papa, alla recente giornata per la gioventù a Madrid, ha richiamato la politica a un impegno maggiore per le nuove generazioni. Con un riferimento esplicito all’uscita dalla precarietà. Come si può tradurre in pratica questo appello? «I giovani sono al centro della nostra attenzione. Nel 2011 con il progetto Lavoro Formato Giovani abbiamo messo a disposizione 100 milioni di euro. Con l’Avviso precari, finanziato con 12 milioni di euro, abbiamo incentivato le aziende che decidono di assumere e stabilizzare e sostenuto progetti di autoimprenditorialità. Ad oggi abbiamo già impegnato oltre 11 milioni di euro, che consentiranno oltre 450 nuove assunzioni e il finanziamento di circa 250 progetti di autoimpiego. Nel 2012 vogliamo portare i giovani in Europa per cogliere altre opportunità». E le donne? Anche in tema di conciliazione fra vita familiare e lavoro ci sarebbe ancora molto da fare... «Stiamo già facendo molto. Ci sono circa 30 milioni di euro stanziati per i progetti di conciliazione lavoro famiglia, che non significa soltanto dare un aiuto alle donne, ma al nucleo familiare nel suo complesso. Resto convinta che solo in questo modo si possa davvero sostenere le donne che non rinunciano, nella molteplicità dei loro ruoli, ad affermarsi e permanere nel mercato del lavoro». Mi risulta che la Regione Lazio abbia stanziato, fra l’altro, 2 milioni per gli over 45 disoccupati che vogliano aprire una propria attività come lavoratori autonomi. Ci spiega meglio? «Già 101 lavoratori hanno beneficiato di questo progetto, di cui 48 proprio donne. Abbiamo dato una opportunità, con questo bando, non solo ai lavoratori over 45 ma anche a quelli extracomunitari». Di recente ha fatto discutere la notizia che a Roma mancano all’appello i fornai. Il lavoro c’è, ma nessuno vuole farlo…. «Spesso l’orientamento formativo, soprattutto delle nuove generazioni, non si rivolge alla effettiva richiesta che arriva dalle imprese e non si garantisce la copertura di mestieri di cui invece si avrebbe necessità. In questa direzione va il nuovo approccio alla formazione, perché non sia fine a se stessa ma, guardando alle reali esigenze del tessuto produttivo, sia focalizzata su percorsi che poi si traducano in opportunità di lavoro. Penso, ad esempio, al progetto “Vo.la” con cui incoraggiamo i ragazzi a cimentarsi nel comparto agricolo, che è strategico e vitale per il Lazio». Il settore del turismo nel Lazio è fondamentale. I parchi a tema sono serviti a portare occupazione? «Il turismo è la chiave di volta per favorire lo sviluppo e quindi anche l’occupazione. Il Parco Rainbow Magicland di Valmontone, è stata una scommessa su cui la Regione Lazio ha voluto puntare. Abbiamo stipulato un’intesa affinché, in vista delle nuove assunzioni, si garantisse una adeguata presenza, addirittura anche superiore ai parametri previsti per legge, di giovani, donne e disabili. La società che amministra il Parco, la Alfa Park ha proceduto già a 516 assunzioni di 100, in base all’accordo con la Regione, provengono dalla Arc di Colleferro, per la quale ci siamo direttamente impegnati. Ho visitato il Parco a luglio, accompagnando i figli dei dipendenti regionali, e mi ha fatto piacere incontrare lavoratori che mi hanno fermato per dirmi che erano tra i nuovi assunti proprio grazie all’intesa con la Regione». Parliamo di manovra. Non c’è il rischio che i tagli previsti ai bilanci delle Regioni le privino delle risorse necessarie per investire sullo sviluppo? «Non è un rischio, è una certezza. Questa manovra è un gran pasticcio: è depressiva, non incentiva gli investimenti e ancora una volta viene caricata sulle spalle di chi garantisce gettito sicuro e immediato, come i redditi da lavoro dipendente e da pensione. Inoltre, mette a repentaglio percorsi di virtuosità intrapresi come nel caso del Lazio: abbiamo ridotto in un solo anno di 2 miliardi il debito di 25 miliardi ereditato dal passato, ma così com’è ci spezza le gambe. Le cifre parlano da sole: fondi al Tpl ridotti del 75%, risorse per le politiche sociali di fatto azzerate. E parliamo di servizi essenziali ai cittadini. Siamo a 60 miliardi di euro, tanto il prezzo che viene imposto alle Regioni». Su questo siete in prima linea con Province e Comuni... «Insieme abbiamo denunciato lo squilibrio inaccettabile tra i tagli agli enti locali e quelli allo Stato. Le Regioni subiscono una riduzione del 57% a fronte di una spesa che incide sul totale di poco più del 20 per cento. Lo Stato ha una incidenza di spesa del 60%, ma i tagli sono appena del 20. La sproporzione è evidente. Questa volta, però, non ci stiamo a metterci la faccia da soli: sia il governo a venire negli ospedali, a salire sui treni, a parlare con i cittadini spiegando che, data l’urgenza e la difficoltà del momento, lo Stato non è più in grado di garantire servizi, che eroga attraverso gli enti locali, nella stessa quantità e qualità assicurata sino ad oggi. Abbiamo chiesto al governo con grande senso di responsabilità, di fare marcia indietro sui tagli, di dialogare con noi, ma si è preferito agire in modo unilaterale ignorando il punto di vista di chi, sul territorio, ha il polso della realtà e dei bisogni delle persone. Saremo costretti a consegnare i contratti di servizio con le aziende di trasporto pubblico locale al governo: o se ne farà carico, oppure i cittadini avranno meno treni o tariffe più salate». Cosa pensa dell’articolo 8 della manovra che si propone di riformare de facto il diritto del lavoro introducendo la licenziabilità dei dipendenti? «Da sindacalista mi sono battuta, anche prima di altre organizzazioni, in difesa dell’articolo 18 da tentativi, già maturati in passato, di ridimensionare i diritti dei lavoratori. Quella norma è una forzatura, e pur nella consapevolezza di alcune rigidità nel nostro mercato del lavoro, ritengo che si tratti di temi che debbano essere discussi nelle sedi appropriate, dialogando con le parti sociali, perché le garanzie dei lavoratori non siano ridotte». intervista di Brunella Bolloli