Anche da noi soltanto l'eolico vale 70mila occupati
di Alessandro Giorgiutti - Simone Togni, presidente dell’Anev (Associazione nazionale energia del vento), può tirare un sospiro di sollievo. I certificati verdi, che sovvenzionano gli impianti di energia rinnovabile, se non troveranno mercato continueranno ad essere acquistati dal Gestore dei servizi energetici. Il governo nella manovra aveva inizialmente rivisto questa regola. «Una decisione incomprensibile», secondo Togni: «Un conto è decidere di non sostenere più le rinnovabili, ma qui si negavano diritti acquisiti, mettendo a rischio investimenti miliardari». Alla fine però il pressing di Confindustria ha avuto successo… «Per prudenza aspettiamo che l’emendamento venga votato dal Parlamento. Intanto ringrazio per l’impegno la presidente Marcegaglia. Il mondo delle rinnovabili ha dimostrato di non essere più una cenerentola, ma un comparto serio e strutturato, capace di interloquire con il governo e di essere ascoltato» Quali ripercussioni ha avuto la crisi economica sul settore dell’energia eolica? «Per noi in realtà il 2009 è stato molto positivo. Per il quinto anno consecutivo abbiamo realizzato il record di installazioni, superando i mille megawatt. Ad oggi siamo quasi a 5.000 megawatt installati. Che si traducono in una produzione elettrica superiore ai 6 miliardi di chilowattora all’anno, in grado di servire 7 milioni e mezzo di utenti domestici. In Europa siamo al terzo posto dopo Germania e Spagna». Come è possibile che la recessione non vi abbia sfiorato? «Il fatto è che i tempi per realizzare un impianto sono, purtroppo, molto lunghi. Ci vogliono cinque anni per le autorizzazioni, e altri due anni per i finanziamenti e la costruzione». Questo vuol dire che sconterete gli effetti della crisi nei prossimi anni? «Sì, anche se speriamo che possano essere compensati dalla ripresa di fine 2010. Comunque, se alla fine di quest’anno, invece dei 1.100 megawatt previsti, ne verranno installati 800 o 900, non ci stupiremmo. La flessione non ci impedirebbe peraltro di essere in linea con gli obiettivi per il 2020: 16.200 megawatt complessivi». Che ci può dire delle aziende che operano nel settore? «Tutte le aziende eoliche nella penisola sono italiane. L’Italia aveva un primato nel settore: l’Ansaldo realizzò uno dei primi prototipi di aerogeneratori. Poi si decise di non percorrere questa strada. Ma rimaniamo esportatori di tecnologia eolica, grazie alla ricca filiera di piccole e medie imprese che producono componenti e parti di ricambio (pale, cuscinetti…) e che spesso si aggiudicano le commesse delle multinazionali straniere» Quanti sono i lavoratori del vento? «In totale sono 25mila persone. 9 mila occupati diretti e 19 mila indiretti. Nel 2020 si prevede di raggiungere la soglia del 67.010 lavoratori: 19.431 diretti e 47.579 indiretti. L’anno scorso il settore ha “creato” 5 mila nuovi posti di lavoro». Quali sono le figure più richieste? «Si cercano soprattutto operai, “personale di turbina”: addetti alla gestione e alla manutenzione. Il punto importante è la formazione. Rispetto a un comune meccanico, chi lavora nell’eolico ha qualche problema in più. Per esempio deve operare a cento metri d’altezza in condizioni molto particolari».