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Petrini, 'con sistema Pollenzo talent scouting di alto profilo'

AdnKronos

Cuneo, 25 ott. (Labitalia) - Polo di formazione che dal 2004, ad oggi ha formato oltre 2.500 gastronomi provenienti da 92 diversi paesi: figure professionali di altissimo profilo, con competenze diversificate che permettono di operare ai massimi livelli nei settori del cibo, in tutta la sua filiera, dalla produzione alla distribuzione, dalle imprese alle istituzioni, con una competenza in tutti gli ambiti della sostenibilità. Questo l'identikit dell'Università di scienze gastronomiche (Unisg) di Pollenzo (Cuneo). Il 'sistema Pollenzo' racchiude al suo interno un insieme di relazioni tra chi impara, chi trasmette conoscenza e chi condivide e chi pratica la visione dell’ateneo. "Stavamo cercando - dice in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia Carlo Petrini, presidente di Unisg - il luogo ideale dove realizzare la banca del vino. Volevano creare a modo nostro i 'courtier' bordolesi dove poter trovare il vino pregiato, le annate storiche. La nouvelle vague delle Langhe non conservava le bottiglie, si vendeva tutto per fare cassa e rinnovare la cantina. La banca del vino, invece, mantiene inalterato il suo ricordo, lo archivia, lo protegge. Volevamo trovare il contenitore ideale della memoria del vino". "Pollenzo - racconta - sembrava un luogo nascosto, ci passavo davanti ma non immaginavo questo immenso cortile interno, non vedevo il quadrilatero, era inaccessibile allo sguardo. Appena scopriamo questo tesoro fatto di migliaia di metri quadrati di storia dimenticata, abbiamo subito capito che questa sarebbe stata casa nostra. Non solo per la banca del vino, qui potevamo immaginare tutto quello che si può vedere oggi, l’università, un albergo, il ristorante, le tavole dell’Accademia". "Prendevo appunti - prosegue - su un taccuino e passeggiando vedevo, dietro le rovine di un luogo dimenticato, il nostro futuro. Siamo nel 1997. Entriamo in pista nel 1998. Non avevamo soldi, erano difficili da trovare, ma per fortuna in tanti hanno creduto alla nostra utopia. Ed eccoci qua. Alla fine è costata 52 miliardi di vecchie lire. Tutto è stato capitalizzato e non abbiamo un euro di debito". "Volevamo realizzare - spiega - un'accademia gastronomica equiparata alle altre accademie, come ad esempio l’Accademia delle belle arti. Creare una dimensione universitaria senza essere università, con lo stesso valore ma senza il suo formalismo. Poi, qualcuno ci consiglia la formula dell’università privata. Il primo anno avevamo sessanta studenti. Era il 2004. L’Accademia italiana attraverso le facoltà di Agraria, Veterinaria e Medicina parlava di cibo, nutrizionismo, scienze e tecnologie alimentari, ma lo faceva 'a pezzi', attraverso discipline diverse e ognuna di queste pensava di detenere la verità". "Mancava una visione di insieme. Nessuno poneva al centro di un percorso di studi il tema della cultura alimentare e della gastronomia come disciplina multiforme. Non solo l’Accademia non la voleva, ma non la capiva. Anche i nostri primi professori all’inizio stentavano ad acquisire la coscienza di essere dentro una nuova scuola di pensiero. E imporre una nuova classe di studi a livello normativo era addirittura inimmaginabile", aggiunge. "C’era un’idea - sottolinea - quasi macchiettista del gourmet gastronomo, sembrava solo un fenomeno mediatico, con l’esplosione delle guide e gli chef che stavano diventando star televisive. Tutto questo a noi non interessava. Noi volevamo imporre un approccio sistemico allo studio della gastronomia, legato alla genetica, l’ambiente, l’antropologia, il valore della materia, della terra, della tradizione, del saper fare". Carlo Petrini sottolinea anche la diversità di Pollenzo: "L'elemento del viaggio come materia di studio e didattica della conoscenza. A Pollenzo si fanno 100 viaggi l’anno, valgono il 12% del fatturato globale dell’università. Le classi sono divise in quattro gruppi diversi, gli studenti sono accompagnati da tutor specializzati, vengono messe a sistema e in rete tra di loro tutte le comunità di Terra madre e Slow food. I nostri ragazzi vanno a conoscere, vedere e capire il valore del cibo in tutto il mondo. E il mondo li accoglie. Da Cuba al Giappone, dal Kenya all’Equador. L’altro elemento che ci differenzia dalle altre università è il numero di studenti stranieri, che rappresentano il 50% degli iscritti. Dopo l’Università per gli stranieri di Perugia, la nostra è quella con la percentuale maggiore di studenti stranieri". "Essere internazionali: questa - ammette - è la nostra vocazione. La nostra mission: diventare la più autorevole e influente università al mondo in scienze gastronomiche. La strada da fare è ancora molta. Anche nella qualità della nostra didattica. E lo possiamo fare soltanto studiando 'a modo nostro' tutte le eccellenze universitarie del mondo e implementando la partecipazione di docenti internazionali. La più grande istanza oggi è la coerenza con i valori della sostenibilità. Ed è giusto che sia così. E' scritto nel suo destino e nella sua carta dei valori. La coerenza rispetto ai valori della sostenibilità deve essere un faro sempre acceso. Su questo non ci sono deroghe". "Pollenzo - avverte - deve diventare l’università più sostenibile del mondo. Un modello per tutti gli altri. Un termine di paragone internazionale. Per questo apriremo un laboratorio di idee e proposte che andranno a definire azioni sempre più incisive e condivise con tutti gli stakeholder, a partire dagli studenti. Anche su questo aspetto così sensibile possiamo permetterci di essere incompiuti, ma soprattutto dobbiamo essere coerenti. "La classe di laurea - fa notare - rimarrà nella storia. A livello territoriale abbiamo creato un modello di integrazione tra la nostra comunità, il territorio e la città di Bra. Ma soprattutto abbiamo formato uomini e donne che affrontano il mondo del lavoro credendo negli ideali che hanno trovato e studiato in questa Università. Quelli di Pollenzo fanno la differenza. Il sentimento forte di appartenenza a un progetto non solo ti apre la testa e ti cambia la vita. Stando qua impari che c’è molto di più dietro le tue ambizioni. E questo forte processo identitario, soggettivo e collettivo, viene riconosciuto come un valore unico e irripetibile dal mercato del lavoro". "Essere di Pollenzo conta. L’appartenenza a una comunità che si fonda su dei valori comporta inevitabilmente dei rischi. Perché quando il livello di aspettative è così alto, il livello di delusione potrebbe essere altrettanto alto se queste aspettative non vengono corrisposte o percepite. Gli studenti sono parte attiva nella costruzione della nostra identità. È giusto che ci siano delle istanze, delle delusioni, degli scompensi, delle cose non finite", conclude.