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Welfare: la ricerca, disorganizzazione? problema è gestione tempo
Roma, 25 feb. (Labitalia) - Italiani popolo di disorganizzati? Forse, ma con ampi margini di miglioramento. Almeno stando al primo rapporto italiano sulla disorganizzazione. Una ricerca che Organizzare Italia, azienda che da anni si occupa di formazione delle competenze organizzative, ha realizzato attraverso un'indagine che ha coinvolto 300 persone alle quali ha affidato un questionario online di 23 domande per investigare se si sentano organizzate o disorganizzate, e come questo abbia ripercussioni sulla vita. Ne emerge che il 91% delle persone deve cercare a lungo cose che non trova, il 97,7% prova emozioni piacevoli a organizzare e liberarsi del superfluo. Solo 19 persone su 300 dichiarano di vivere serenamente i propri impegni, più del 90% si sente a rischio di perdita di concentrazione. All’89% delle persone piacerebbe imparare a organizzarsi meglio, il 78% non ha risolto i propri problemi di organizzazione comprando strumenti organizzativi, l’85,3% fa fatica a portare a termini gli impegni nei tempi previsti e il 94,6% dice spesso lo farò domani. La gestione del tempo e i troppi impegni sono, dunque, il problema principale. In molte risposte, infatti, è emerso che le persone hanno giornate troppo dense di impegni, e riguardo a questo c'è una buona consapevolezza. Molti perdono dei micro-tempi, meno di 10 minuti, ma questo accade di frequente con la conseguenza di trasformarsi in un problema costante. Esiste un desiderio forte di imparare ad organizzarsi meglio, per avere più tempo per sé e migliorare la qualità della propria vita. Il superfluo è percepito come ingombrante nella propria vita e difficile da gestire. La disorganizzazione personale non è sentita come un problema sociale. Per alcuni, anche se la percezione è varia, è come se la disorganizzazione fosse solo un problema personale, quindi c’è una scarsa consapevolezza di quanto l’organizzazione sia fondamentale in un contesto sociale, mentre secondo Organizzare Italia l’organizzazione influisce sulla vita di relazione, privata o professionale, delle persone: ciascuna persona nello svolgimento delle proprie attività svolge un ruolo, che raramente è avulso da un contesto sociale, ed è per questo che essere organizzati diventa essenziale per le relazioni. L’organizzazione personale non riguarda, quindi, solo la sfera individuale, perché ciascuno fa sempre parte di un gruppo, di una comunità, di un sistema sociale. Il desiderio di imparare per cercare una soluzione ai problemi organizzativi è forte. Attraverso un importante numero di domande è risultato che le persone sono disponibili a imparare ed esprimono la volontà di risolvere il problema. Comprano strumenti per l'organizzazione che però non portano a una soluzione piena. Questo perché eliminano il disordine, ma non portano organizzazione. Il problema è quindi risolto solo al primo livello. Non si tratta infatti della stessa cosa, perché solo quando si crea organizzazione ci si trova nell'asse positivo, quello della soluzione. “Questa prima indagine di sfondo che abbiamo voluto realizzare - dichiara Fabiola Di Giov Angelo, curatrice della ricerca e membro del Cda di Organizzare Italia - ci consegna uno strumento capace di dare la misura della richiesta sociale di organizzazione, in ogni ambito, e un compito da proseguire che ci conduce verso un cambiamento culturale. Come spiega Sabrina Toscani, fondatrice e ad di Organizzare Italia", "sono anni che ci occupiamo di organizzazione e abbiamo trascorso molto tempo a insegnare alle persone ad organizzarsi meglio: grazie al nostro lavoro, il primo in Italia, abbiamo posto l'attenzione ancora una volta sul peso della disorganizzazione, sul fatto che le persone disorganizzate pagano la propria disorganizzazione in termini di stress, dispendio di energie, scarsa soddisfazione, spreco di denaro, caos e inquietudine, arrivando anche a influenzare lo stato delle proprie relazioni sociali e della propria salute”. E sono quattro i profili tipologici di 'disorganizzati/organizzati' delineati dalla ricerca. Secondo questo primo rapporto italiano sulla disorganizzazione, infatti, un primo gruppo è quello dei 'disorganizzati consapevoli': persone che sentono di essere disorganizzate, vorrebbero migliorare la propria organizzazione e hanno risposto con coerenza dichiarando di perdere tempo a cercare le cose, di fare fatica a portare a termine i compiti nei tempi previsti e di mancare scadenze o appuntamenti. Un secondo gruppo è formato da 'disorganizzati doc (veri)' composto da persone che dicono di essere disorganizzate, alle quali piacerebbe imparare ad organizzarsi meglio, ma che danno risposte e assumono comportamenti non sempre coerenti. Un terzo gruppo è quello degli 'ordinati', che riescono a gestire spazi e tempi ma solo a proprio uso e consumo, generando ordine e non organizzazione perché viene a mancare la possibilità di condivisione del metodo organizzativo. Infine, un esiguo numero di persone, gli 'organizzati', sono coloro che non pensano di essere disorganizzate o non vogliono migliorare la propria organizzazione. Questo ristretto numero è composto da persone che ricevono ospiti volentieri a casa, che hanno uno spazio di lavoro che dà piena soddisfazione e che riescono a stare dietro ai propri impegni ritagliando dalle loro giornate un tempo tutto per sé.