L'imbeccata

Nazareno in tilt? Ma Renzi vieta ritocchi alla salva-Silvio

Franco Bechis

Lunghi giorni di lunghe riunioni tecniche lo scorso fine settimana (giovedì pomeriggio e venerdì mattina le ultime) al ministero dell’Economia sul decreto fiscale, quello con la fanosa norma salva-Silvio Berlusconi. Chiuse con un nulla di fatto. Mentre uno dei partecipanti- il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, chiedeva di escludere dalla franchigia del 3% dell’imponibile sotto la quale nessun reato penale sarebbe più tale almeno la frode documentale, i messaggeri di palazzo Chigi ponevano un veto:il testo del decreto legislativo deve arrivare in consiglio dei ministri nello stesso testo già esaminato lo scorso 24 dicembre in gran segreto.A dire il vero il messaggio era stato già esplicitato in pubblico sia dal premier Matteo Renzi che da Maria Elena Boschi. Ma tutto questo era avvenuto prima che esplodesse l’apparente rottura con Forza Italia dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Renzi si era arrampicato sui muri sostenendo che al caso Berlusconi la legge non sarebbe applicabile, perchè tanto avrebbe finito di scontare la pena ai servizi sociali ai primi di marzo. Così non è: la condanna di Berlusconi sarà in fase di esecuzione anche dopo quella data, perchè nella sentenza di frode fiscale c’è ancora la pensa accessoria di due anni di interdizione dai pubblici uffici che verrebbe cancellata dal decreto Renzi. La Boschi non ha invece negato che il condono fiscal-penale riguardasse anche Silvio, ma ha alzato fra le nuvole la palla: “se è utile a 60 milioni di italiani, dobbiamo non farlo perchè fra loro c’è anche Berlusconi?”. E qui c’è da sperare di essere meno pessimisti di lei: possibile che tutti e 60 i milioni di abitanti della penisola, bimbi compresi, passino il loro tempo ad evadere il fisco o a frodarlo falsificando fatture e scritture contabili, sbianchettando ricevute, sia pure nella modica quantità del 3%? Possibile che il condono governativo interessi proprio tutti e 60 milioni? Non vorremo crederlo. Malelingue interne al Pd (quelli della minoranza sono proprio cattivi) sostengono che quella norma sul 3% sia in realtà una salva-padri. E non si riferiscono solo al padre di Forza Italia, ma proprio a pater familias di alcuni dirigenti Pd e membri del governo. Si tratta sicuramente di cattiverie, perchè figurati se questo can-can può servire a risolvere problemini di così piccolo conto. Renzi sembra determinato a resistere su quella che è stata ribattezzata salva-Silvio. Forse non ha considerato un altro aspetto di quella norma. Il 3 per cento dell’imponibile è certamente cifra trascurabile se pensiamo a una persona fisica che guadagna 20 o 30 mila euro l’anno. Ma sui grandi gruppi societari si tratta di cifre che riguardano più di 100 milioni di euro, e la cifra sembra meno trascurabile. Provo però a fare un altro esempio che rende bene l’idea al di là delle somme. Un manager di una società pubblica che sorride a Renzi e si è addirittura abbassato lo stipendio per stare nel tetto dei 240 mila euro, falsifica in realtà i conti della società con un discreto numero di fatture false. Froda il fisco per tot, ma soprattutto quel tot sono fondi neri. Che il manager utilizza per farsi lievitare esentasse lo stipendio personale oltre un milione di euro, e naturalmente offre lo stesso benefit in nero ai principali dirigenti del gruppo e collaboratori. Poniamo che il fisco lo scopra. Con la nuova legge che Renzi vuole approvare, se il manager infedele e i suoi compagni fanno restare il nero al di sotto del 3%, nessuno di loro rischia nulla. Non sono più penalmente perseguibili, e in cambio di questa grazia renziana l’unica a rischiare sarebbe la società- il grande gruppo per cui lavorano, costretta a pagare una multa pari al doppio di quanto frodato al fisco. Con quel nero in un anno i manager guadagnerebbero quel che avrebbero guadagnato in 5 o sei anni comportandosi bene. In due anni quanto in dieci o 12 anni. E così via. Il rischio massimo è quello di essere licenziati dalla società dopo avere ottenuto in poco tempo quel che non sarebbe bastato avere in una carriera. Secondo voi è un rischio che sarebbero disposti a correre? E se la società fosse pubblica, sarebbe contento Renzi di avere ingrassato così manager frodatori, e poi di pagare lui (lo Stato) il conto doppio per loro? Ci mediti, ci mediti signor Presidente. Continua a leggere su L'imbeccata di Franco Bechis