Referendum, intesa Pdl-Lega

Silvia Tironi

Non ci sarà l’election day. Per le Europee e il referendum di modifica della legge elettorale non si andrà a votare in un unico giorno. Nel caso delle prime le urne si apriranno il 7 giugno, nel caso del referendum alle urne si andrà una o due settimane dopo. Pdl e Lega hanno dunque raggiunto l’intesa: “C'è accordo su tutti i punti qualificanti, è stata confermata la solidità della maggioranza, la consultazione per il referendum si terrà il 21 o il 14 giugno e per scegliere la data ci consulteremo anche con le forze dell'opposizione”, spiega il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto al termine del vertice con Silvio Berlusconi, i ministri Maroni, Calderoli e Tremonti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta e il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri a Palazzo Grazioli. Le date indicate escludono dunque  l'ipotesi dell'election day, chiesto invece dal Pd. L’accordo non placa però le polemiche: “Se fosse confermata, questa decisione sarebbe molto grave. Gli italiani non capirebbero. che si voti il 14 o il 21 giugno significa comunque che ci saranno 300 o 400 milioni di euro gettati dalla finestra", commenta il presidente del comitato promotore dei referendum Giovanni Guzzetta, che aggiunge: "Noi comunque siamo pronti a fare i referendum in qualunque data. Toccherà alla maggioranza spiegare al Paese il perché di questo spreco".  "Se si vuole risparmiare c'è l'ipotesi del 21 per il turno del ballottaggio delle amministrative - sottolinea Gasparri - ci sono i seggi costituiti e già aperti e funzionanti in buona parte d'Italia. Riteniamo che sia un'ipotesi percorribile anche se la legge fissa il termine del 15 giugno e quindi bisognerà valutare i provvedimenti legislativi necessari. Altrimenti resta l'ipotesi del 14 giugno - conclude Gasparri - ma tutti quelli che dicono che ci sarebbero sprechi valutino se è utile avere tre domeniche elettorali”. Di Pietro: Berlusconi compra la Lega - "E' una scelta non accettabile nè nel merito nè nel metodo", è il commento di Antonio Di Pietro dell'Italia dei valori. "Questo - sostiene Di Pietro - è uno spreco di soldi fine a se stesso, una doppia spesa utile a Berlusconi soltanto per comprare - nel senso più corruttivo del termine - il consenso della Lega per gli accordi elettorali in corso". Il leader dell’Idv spiega perchè la scelta è inaccettabile nel metodo e nel merito: "Nel metodo perchè si sceglie una data per giunta impropria e poi si pretende di fare consultazioni con altri partiti politici a cose fatte. E noi dell’Italia dei Valori non ci stiamo a fare la ruota di scorta di nessuno". Franceschini: si è piegato ai ricatti di Bossi - Parere diverso quello di Dario Franceschni. Per il segretario del Partito democratico "Berlusconi ci tiene tanto a far sapere ai cittadini che lui comanda e che decide, ma poi ogni volta si piega sempre ai ricatti di Bossi". "Gli italiani - ha proseguito Franceschini - devono sapere che pagheranno inutilmente centinaia di milioni di euro in un momento in cui tutte le risorse del Paese servirebbero all’emergenza in Abruzzo e a fronteggiare la crisi economica. Questo è il costo della scelta di non fare l'election day, accorpando elezioni europee, amministrative e referendum". Fini: referendum il 7 giugno - "Sarebbe un peccato se per la paura di pochi il Governo rinunciasse atenere il referendum il 7 giugno spendendo centinaia di milioni chepotrebbero essere risparmiati." Lo afferma il presidente della CameraGianfranco Fini.