Il caffé dei Casalesi finisce in manette
Le lunghe mani dei Casalesi si sono allungate persino sulle tazzine del caffè nel casertano e nei bar dell’agro aversano. Questa mattina, infatti, la Squadra Mobile di Caserta ha eseguito undici ordinanze di custodia cautelare in carcere per altrettanti esponenti del clan camorristico, i quali sono accusati di aver imposto l’acquisto di una marca di caffè (ovviamente venduto da loro) agli esercenti della loro area di “competenza”. Estorsioni e guadagni – Gli undici arrestati, tra cui spicca il nome di Giuseppe Setola, sono accusati di associazione per delinquere di tipo camorristico, estorsioni aggravate e continuate, porto e detenzione di armi e munizioni. La Dda di Napoli avrebbe certificato come gli affiliati ai Casalesi avessero imposto a un centinaio di bar, caffetterie e salumerie dell’agro aversano e anche del litorale domiziano non solo il pagamento del pizzo, ma anche l’acquisto di una miscela di caffè, il Nobis, giudicata di pessima qualità, ad un normale prezzo di mercato. Insomma i Casalesi si facevano interpreti di una particolare filiera lunga dove si occupavano della distribuzione di un prodotto di bassa qualità (che non avrebbe avuto un grande successo) e poi ne intascavano agevolmente gli introiti insieme al loro fornitore, ritrovatosi sugli scaffali di tutti i bar del casertano. L’indagine – Il lavoro degli inquirenti si era attivato nell’ottobre del 2008, dopo il ritrovamento in un covo di Setola a Trentola Ducenta, di un notevole quantitativo di caffè “Nobis”, di fatture e di altra documentazione relativa alla commercializzazione del prodotto, il cui marchio ha preso il nome dal titolare di un bar di Trentola Ducenta, Giuseppe Nobis, uno dei destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite questa mattina dalla squadra Mobile di Caserta.