Cassazione, sì al licenziamento se lede l'immagine dell'azienda
"I comportamenti tenuti dal dipendente nella sua vita privata ed estranei all'esecuzione della prestazione lavorativa" non possono essere motivo di licenziamento, a meno che questi possano comunque "incidere negativamente sull'immagine del datore di lavoro". A ribadirlo è la Cassazione che ha chiesto una nuova pronuncia sul reintegro al lavoro, predisposto dalla Corte d'appello di Napoli, di un cuoco campano, licenziato dalla società in cui lavorava, dopo che la Guardia di Finanza aveva trovato nella sua auto, all'interno del parcheggio aziendale, 4,5 kg di tabacco di contrabbando. Impugnato il licenziamento, il Giudice del lavoro lo aveva confermato, ma la Corte di Napoli aveva predisposto il reintegro dell'uomo perchè il "materiale illegale si trovava nell'auto di proprietà privata del lavoratore e non nei locali aziendali". Di conseguenza, a detta della Corte d'appello, l'episodio riguardava la sfera privata del dipendente, non quella lavorativa. La Suprema Corte ha annullato la sentenza, con rinvio, chiedendo un' ulteriore verifica della condotta del lavoratore. Nella sentenza n.17969 si legge infatti che "i comportamenti tenuti dal dipendente nella sua vita privata ed estranei all'esecuzione della prestazione lavorativa sono irrilevanti, a meno che essi non siano di natura tale da far ritenere il dipendente non più idoneo alla prosecuzione del rapporto, specie quando può incidere negativamente sull'immagine del datore di lavoro".