Il delitto
Garlasco, il giudice che assolse Stasi: "Pezzetti di puzzle che non si incastravano"
"Per il quadro dell’accusa, e parlo ovviamente del primo grado, su Stasi c’era qualcosa che puzzava, detto con orribile termine da film poliziesco, ma sembrava mancare qualcosa che lo incastrasse": a dirlo, al Corriere della Sera, è Stefano Vitelli, il primo giudice a processare e assolvere Alberto Stasi il 17 dicembre 2009. Il caso è quello di Garlasco: la 26enne Chiara Poggi venne trovata morta in casa nel 2007. Per il delitto è stato condannato il suo fidanzato dell'epoca Stasi, assolto invece in primo grado.
Parlando del processo di primo grado, Vitelli ha spiegato che "tutto ciò che veniva fatto aumentava i dubbi. Furono fatte simulazioni della camminata e a volte le scarpe si sporcavano altre no, e poi quella bicicletta, e la testimone che ne indicava una diversa, niente tracce di sangue nel lavabo. Alla fine arrivavi sempre alla domanda: è stato davvero lui? C’erano indizi, ma contraddittori e insufficienti. Per non parlare della perizia informatica".
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Proprio a proposito di quella perizia, ha aggiunto: "Era una sera d’estate, lo ricordo ancora. Mi telefona l’ingegnere, bravissimo, e mi fa: 'Dottore è sul divano? Ci resti. Stasi stava lavorando al pc, alla sua tesi'. Si poteva pensare avesse fatto finta e invece risulta che scrisse correzioni congrue, con un lavoro intellettualmente impegnativo". Insomma, ha continuato, "erano pezzetti di puzzle che non si incastravano. E guardi, facemmo di tutto".
Parlando del nuovo indagato del caso, Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, ha detto: "Mi viene in mente una sit (sommarie informazioni testimoniali, ndr) di poche righe, dalla quale risultava un fatto un po’ curioso, di uno scontrino conservato. Come fosse un alibi". Tornando a Stasi, infine, ha sollevato il dubbio del movente: "Nell’ambito di un quadro incerto, che aveva dei punti oscuri ed equivoci, il movente sarebbe stato un elemento importante: e qui il movente non c’era".