Il futuro della Santa Sede
Besungu, il prelato africano pro famiglia e anti-gender? È lui il candidato al post Papa Francesco
«I giovani congolesi in generale, e quelli di Kinshasa in particolare, vengono sacrificati». Non si investono soldi ed energie per assicurare loro un futuro migliore, ma si spende tempo e denaro per cambiare la Costituzione. È il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, un uomo imponente, in tutti i sensi, che torna a criticare il governo, più precisamente l’ipotesi di revisione costituzionale proposta dal presidente Félix Tshisekedi. Accade nel novembre 2024, in chiesa, e il porporato probabilmente pensa alla sterminata popolazione della metropoli in cui si trova, alle migliaia e migliaia di vite spezzate dalla povertà, dalla violenza, dalla mancanza di speranza. Passano pochi mesi e il 10 febbraio scorso l’arcivescovo alza di nuovo la voce per denunciare le violenze, le sopraffazioni, le ingerenze che tormentano la Repubblica democratica del Congo e che gli ha attirato le ire del governo congolese, che lo ha persino indagato per via delle sue coraggiose denunce, che invece sono state definite dalla magistratura locale dichiarazioni del tutto «sediziose».
Coraggio e chiarezza nelle idee, in nome della fede, doti che certo non mancano ad Ambongo Besungu. Nato il 24 gennaio del 1960, a Boto, nella diocesi di Molegbe, dopo aver vagliato la propria vocazione va a studiare teologia a Roma. Esercita la prima professione nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nel 1981 e quella perpetua nel 1987. Seguono decenni segnati da una lunga esperienza nella Chiesa e di battaglie per il suo popolo e in generale per il popolo africano, finché nel 2019 papa Francesco ha annunciato la sua nomina a cardinale nel concistoro del 5 ottobre. L’arcivescovo di Kinshasa è anche presidente del Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam) e membro del C9, il consesso di nove cardinali di tutti i continenti che coadiuvano Bergoglio nella riforma della Chiesa.
La sua linea di azione, o meglio lo spirito che anima ogni sua azione, è quella di imparare a diventare realmente una Chiesa aperta a tutti, ma che non lascia nulla, proprio nulla della fede essenziale della Chiesa cattolica. Un atteggiamento che anima gran parte delle gerarchie, del clero e dei fedeli cattolici africani. Definito, di volta in volta, tradizionalista, conservatore, accusato persino di essere frutto di un presunto asservimento a “potenze straniere” (in particolare russe) che foraggiano diocesi e chiese locali. Il cardinale Besungu, in realtà, appartiene ad una storia comune, la storia di uomini di Chiesa come i cardinali Robert Sarah, Francis Arinze, Bernardin Gantin... Del resto Benedetto XVI apre il secondo Sinodo speciale per l’Africa 19 novembre 2011 con questa frase: «L’Africa rappresenta un immenso “polmone” spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza», grazie alle «straordinarie ricchezze umane e spirituali dei suoi figli, delle sue culture multicolori, del suo suolo e del suo sottosuolo dalle immense risorse».
Idee chiare, si diceva. E il cardinale Besungu non ha certamente esitato quando si è trattato di prendere posizione rispetto alla dichiarazione del prefetto del dicastero per la Dottrina della fede, il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez, quel documento intitolato “Fiducia supplicans”, che apre alla possibilità di benedizione delle coppie omosessuali. Si è recato in Vaticano, ha detto al Pontefice che questa dichiarazione avrebbe creato confusione e disorientamento nei fedeli in Africa, ha convinto il Papa stesso ad autorizzare a sua volta un documento significativamente intitolato “Nessuna benedizione per le coppie omosessuali nelle Chiese africane”. Mai messa in discussione la fedeltà al Papa, del resto, come spiegato, il porporato fa parte del consesso che coadiuva l’azione di Francesco.
In seguito il porporato ha ribadito, senza mezzi termini, che l’Occidente è una società «decadente», in cui «non amano i bambini» e nella quale vogliono «distruggere la famiglia» tradizionale, pretendono di «propagare l’ideologia lgbtq tramite i finanziamenti Onu». Concetti che riecheggiano le prese di posizione che si ripetono da molti anni. Giugno 2015: cinque i cardinali e quarantacinque i vescovi di altrettanti paesi africani che si sono riuniti ad Accra, la capitale del Ghana, dall’8 all’11 giugno, per preparare la prossima sessione del sinodo sulla famiglia. Con orientamenti ben diversi da quelli che stanno emergendo da riunioni simili in Europa. La linea di marcia l’ha indicata fin dalle prime battute il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino: «Non avere paura di ribadire l’insegnamento di Cristo sul matrimonio»; «Parlare in sinodo con chiarezza e con una sola voce, con amore filiale per la Chiesa»; «Proteggere la famiglia da tutte le ideologie che vogliono distruggerla e quindi anche dalle politiche nazionali e internazionali che impediscono di promuoverne i valori positivi».