Vicenda degna di Guareschi

Piombino, disfatta per la sinistra: la fu roccaforte rossa vuole lasciare Livorno

Giordano Tedoldi

Doveva succedere. Il momento è propizio. Con Trump scatenato che guida la partita di Risiko per fare del Canada il cinquantunesimo stato degli Stati Uniti, acquisire il Canale di Panama, soffiare ai danesi la Groenlandia e, ultima trovata, sgomberare Gaza dai palestinesi e farne la Costa Azzurra del Medio Oriente, è naturale che ci sia chi, nel nostro piccolo insignificante stivaletto, si senta inebriare e voglia, pure lui, spostare territori, cambiare capoluoghi, trasferire territori da qui a lì. Piombino. Sì, Piombino, il comune di circa 32mila abitanti (fonte Wikipedia) in Toscana e, per la precisione, in provincia di Livorno. Finora. Perché, e non da oggi, Piombino con Livorno ha una brutta ruggine, e già nel maggio 2013 il consiglio comunale deliberò «a larghissima maggioranza», raccontano le cronache (un voto contrario e due astensioni), un “percorso di transizione” per passare alla provincia di Grosseto.

SINDACO ARISTOCRATICO
Adesso è l’attuale sindaco di Fratelli d’Italia, Francesco Ferrari, a tornare alla carica per il distaccamento dall’invisa Livorno, baluardo immemoriale della sinistra dura e pura – quella che, nel cuore se non nella mente, dopo il crollo dell’Unione Sovietica non ci si raccapezza più – e lo sposalizio con Grossetto che, tra parentesi, ha un sindaco, aristocratico, di centrodestra, che risponde al non picciol nome di Antonfrancesco Vivarelli Colonna. Sul sito orgogliosamente local “MaremmaOggi” la vicenda viene riportata con titoletti icastici come «Piombino e Grosseto condividono moltissimo», e cioè: il bellissimo Golfo di Follonica, la Diocesi (nientemeno) con sede a Massa Marittima e, non ultimo, la raccolta dei rifiuti. Si indicano anche i vantaggi che la controparte, cioè Grosseto, riceverebbe dal cambio di provincia: Piombino diventerebbe «il suo porto collegato all’Aurelia» (ma ci vorrebbe il completamento dell’ultimo pezzo della strada statale 398 e della E78 Grosseto-Fano...) e da lì le merci, in un istante, arriverebbero sull’Adriatico. Addirittura, si sottolinea che a Piombino, «se si esce la sera», non si va a certo nell’odiato nord, dove occhieggia torva la sinistrorsa Livorno, ma semmai si scende a Follonica. Del resto, se a Piombino «non c’è un club del Livorno calcio» qualcosa vorrà pure dire.

 

 

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AFFINITÀ GEOGRAFICHE
Il sindaco di Piombino, con la maggiore cautela e il minore fervore che si attagliano alla sua carica, spiega di avere cominciato l’iter – che non sarà semplicissimo – del procedimento amministrativo per via delle affinità geografiche («l’omogeneità territoriale») e culturali con Grosseto, e crede che la collocazione di Piombino nella provincia di Livorno «è più un confine burocratico che reale», una situazione che bisogna superare anche perché «Piombino ha tanto da dare alla Maremma», sul piano commerciale, agroalimentare, turistico. Non lo dice esplicitamente, ma si legge tra le righe che quando parla del “percorso di sviluppo e profondo cambiamento” che il comune da lui amministrato avrebbe intrapreso ormai da anni, si riferisce anche a un cambio di pelle ideologico (sì, in quei territori le ideologie non sono ancora del tutto tramontate), una emancipazione dall’influenza, storicamente dominante, della sinistra livornese, per andare verso le forze di destra che, peraltro, sono al governo del nostro Paese. Certo, sotto l’aspetto della corrispondenza del sentimento politico, il distacco da Livorno e il passaggio a Grosseto ha una sua coerenza. Restano sul tappeto alcune questioni. La prima, ovviamente, quella procedurale (fattibilità, tempi, ecc.). La seconda, più divertente: come la prenderà Livorno? Tenterà di trattenere Piombino riottosa oppure, con sdegno, lascerà andare la fedifraga?

 

 

 

FRICCHETTONI
C’è poi da chiedersi che cosa gli abbia preso al nostro mondo, che nel volgere di pochi lustri è passato dalle ideologie un po’ fricchettone per le quali «la nostra casa è la Terra», non ci sono steccati, confini, patrie, e i luoghi in realtà, a guardarli proprio bene, sono “non-luoghi”, senza connotazioni né identità, e adesso si ricomincia su grande scala a ridisegnare più o meno follemente i confini delle nazioni, a sentirsi appartenenti a questa cultura, popolo, nazione piuttosto che a quell’altra, e Piombino vuole uscire da Livorno per passare a Grosseto, credendo con ciò di realizzare qualcosa di epico, di comandato dal destino. La frottola che siamo cittadini del mondo non ce la siamo mai bevuta, però dobbiamo dire che facciamo qualche difficoltà a percepire tutte le sottili migliorie che i piombinesi avranno dal giorno in cui, svegliandosi al mattino, sorbendo il caffè, penseranno: «Siamo in provincia di Grosseto, non più di Livorno, finalmente!».