Nuova garante per l'infanzia

Marina Terragni, critica il gender? Si scatena il fango

Annalisa Terranova

Non c’è nomina del governo o della maggioranza che passi il vaglio corrosivo e pregiudiziale delle frange della sinistra marcatamente ideologizzata, sempre disponibili al linciaggio mediatico verso l’avversario. Ebbene oggi è la volta di Marina Terragni, nuova Garante per l’infanzia. Lamentele, dubbi e critiche si sono presto trasformate nella solita macchinetta del fango, col Manifesto che si è incaricato di vergare quelli che ad avviso della comunità Lgbtq+ sarebbero i difetti inemendabili di Terragni che è, ricordiamolo, donna di sinistra e femminista. È colpevole però di essere critica verso il pensiero gender. Le è stata riservata un po’ la stessa sorte che ha coinvolto Joanne Rowling, meritandosi di essere bollata con la lettera scarlatta dell’etichetta “terf”, cioè appartenente al movimento Trans-Exclusionary Radical Feminists.

Traduciamo in italiano comprensibile: Marina Terragni non pensa che l’elemento “natura” vada espunto dalla condizione dell’essere donna e che ciò implica una differenza nella costruzione delle identità personali. Una grave eresia per chi è davvero escludente verso chi non segue il pensiero unico della fluidità. Terragni trans-escludente? Ma che vuol dire? E soprattutto cosa c’entra con l’infanzia? Da questa colpa ne discendono altre: Terragni è contro la gestazione per altri, ha criticato Imane Khelif, è cauta e prudente a proposito di bimbi “trans”, definizione che a suo avviso non può essere applicata a bambini che non hanno ancora una precisa identità sessuale. Ma poiché l’ordine del giorno delle associazioni Lgbtq+ è di partire all’attacco contro la “reazionaria” si muove anche l’associazione delle Famiglie arcobaleno ricordando che la nuova Garante per l’infanzia si è opposta al ddl Zan. Altro grave difetto: Terragni sarebbe amica della ministra Eugenia Roccella, altra figura monster su cui si abbatte il discredito della sinistra. Inoltre, ultimo ma non meno importante capo d’accusa, è stata ospite della manifestazione di FdI Atreju.

 

 

 

Terragni non si scompone e replica così: «Sono grata a tutti per le osservazioni che ho letto, sono contraria al no debate, il dibattito lo considero un fondamento di tutto. Preferirei soltanto essere giudicata per quello che farò o non farò, l’unica cosa che ho trovato ripugnante è dire che io vorrei sgretolare i diritti dei bambini. La trovo una affermazione di una gravità enorme. Cioè io vorrei distruggere i diritti dei bambini? Si parla così quando si è accecati dall’ideologia». Il sito Gay.it conclude l’opera demolitoria: «Terragni elogiò Giorgia Meloni come simbolo di “donna forte” in un panorama dominato dagli uomini, contrapponendola a una sinistra accusata di aver abbandonato le donne in favore della fluidità di genere». Il concetto è chiaro: o la pensi come loro o sei una che aggredisce i loro diritti. Dal coro si differenzia Paolo Mieli che elogia Terragni come intellettuale e giornalista indipendente che non merita di essere messa sulla graticola con tale superficialità.

 

 

 

Ora è bene mettere a fuoco cosa di Terragni dà fastidio a sinistra: l’avere difeso la centralità della relazione materna, l’avere preso atto che la sinistra non è stata in grado di portare una donna a Palazzo Chigi e la destra sì, l’avere smascherato Letta e Zan e la loro scarsa propensione al dialogo sul ddl contro l’omotransfobia e infine l’avere criticato Schlein e le sue posizioni: «Potremmo dire – affermò infatti Terragni in una intervista – che il pacchetto di idee di Schlein è quello del transumano. In cui troviamo l’utero in affitto, l’identità di genere, il sex work come libero lavoro, l’accettazione della sterilizzazione di fatto delle giovani donne e dei giovani uomini rimandando continuamente il momento della genitorialità. Per poi doversi rivolgere al mercato della fecondazione assistita, che è un grosso business. E poi la transizione dei bambini con gli ormoni dati a partire dall’età prepuberale. Tutto questo pacchetto, cui possiamo dare il nome di transumano o postumano, la Schlein non ha mai nascosto di sposarlo». Una che la pensa così non merita forse la gogna della nuova inquisizione progressista?