Violenza inaudita
"Sono questi i bravi ragazzi?": un poliziotto ferito al Beccaria
Un’aggressione in piena regola. Improvvisa. Violenta. Ingiustificata. Partiamo dai fatti: giovedì sera al carcere minorile Beccaria di Milano due agenti della Polizia Penitenziaria sono stati aggrediti da un detenuto, immigrato di seconda generazione, che ha letteralmente dato di matto. Durante la cena, due detenuti si stavano scambiando un giubbotto e un agente è intervenuto per un controllo di routine. Fin qui tutto normale, peccato che, come spiega il segretario regionale del Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria (Sappe), Alfonso Greco: «A quel punto uno dei detenuti l’ha aggredito e picchiato, dandogli pugni sul petto e spezzandogli il bastone della scopa sul polso. Un altro agente è intervenuto ma entrambi sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso cittadino dove sono stati dimessi, il più grave con una prognosi di 22 giorni per frattura al polso».
Questa è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso e i sindacalisti hanno denunciato, con forza, tutte le ipocrisie che infarciscono la retorica tipica di quella sinistra buonista che vuole travestire gli immigrati da “risorse”. «Ai colleghi feriti va la nostra vicinanza e solidarietà. Adesso vediamo se c’è ancora qualcuno che ci racconta la favoletta che nelle carceri minorili sono detenuti solo “bravi ragazzi” che sono solo sfortunati e non invece delinquenti conclamati e criminali in erba, che non hanno alcun rispetto delle leggi dello Stato», ha detto Greco. Mentre Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha aggiunto: «Da quando la politica ha deciso anni fa, con una decisione assurda, che anche i maggiorenni fino a 25 anni possono essere ristretti nelle carceri minorili, sono aumentati di numero gli eventi critici in carcere».
Per contestualizzare questa situazione, giova ricordare che la popolazione dei giovani detenuti è per stragrande maggior parte composta da immigrati. A gennaio dello scorso anno si contavano 26 italiani e 46 stranieri. Intanto, poche ore dopo l’aggressione, il garante dei detenuti Francesco Maisto ha riportato all’agenzia Agi gli esiti dell’ispezione- a cui ha partecipato anche la direttrice reggente Raffaella Messina- effettuata nei giorni scorsi proprio nella struttura che si trova nella zona di via Bisceglie: «Ci sono 69 ragazzi presenti a fronte di una capienza regolamentare di 48 posti collocati nel nuovo padiglione. Attualmente sono funzionanti solo le sezioni prima, terza e quinta poiché in seguito ad alcuni eventi critici e a comportamenti distruttivi dei ragazzi, le restanti sezioni sono in ristrutturazione». Il garante rileva anche che i ragazzi sono spesso «costretti a mettere i materassi per terra» dove dormire per mancanza di spazi. Ma c’è di più: i letti sono ancorati sul pavimento con una colata di cemento armato poiché essendo di ferro, i ragazzi li utilizzano per sfondare i muri. Maisto osserva anche che: «Spesso soffrono di disturbi psichiatrici non diagnosticati e sono dipendenti da sostanze stupefacenti. Ci sono perplessità sull’età di alcuni ragazzi stranieri che appaiono molto più grandi di quanto stabilito dal Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense. Di frequente accade che gli stessi ragazzi confessino di essere maggiorenni ma sui documenti risultano minorenni».
«Il periodo estivo è stato molto difficile, confuso, mai visto - ha dichiarato ancora il Garante -. Dopo gli arresti, la Polizia Penitenziaria temeva di intervenire di fronte ai dinieghi dei ragazzi i quali prendevano il sopravvento e, se decidevano che non volevano fare una cosa, non la facevano, come ad esempio non andare in comunità. Il 30 agosto 2024 e 1’8 settembre 2024 ci sono state due evasioni ma i ragazzi sono stati ritrovati». E a giudicare dall’aggressione subita dai due agenti proprio pochi giorni dopo l’ispezione, anche il 2025 non è iniziato nel migliore dei modi. La denuncia del Sappe è il grido d’allarme di chi si deve confrontare ogni giorno con questa situazione difficile e che conosce bene chi ha di fronte. La sinistra radical chic le chiama “risorse”, chi vive a stretto contatto con loro preferisce: «Delinquenti conclamati e criminali in erba, che non hanno alcun rispetto delle leggi dello Stato». Chi ha ragione? La risposta non sembra molto difficile.
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