Il giornalista
Furio Colombo, addio al comunista filo-Usa: aveva 94 anni
Curiosamente puntuale nelle sue sorprese, Furio Colombo cominciò ad esserlo dalla nascita, il giorno di Capodanno del 1931 a Chatillon, in valle d’Aosta. Sarebbe stato fra i più brillanti, colti ed eleganti giornalisti italiani. Ebreo e filoamericano, anzi devoto degli Stati Uniti dove ha a lungo lavorato e insegnato, dirigendo per un po’ anche l’Istituto della cultura italiana a New York, tutto avrei potuto immaginare, io che lo leggevo di frequente e lo ascoltavo e vedevo alla Rai, ma non che diventasse comunista a comunismo peraltro caduto, o forse proprio perché caduto. Furio arrivò in Parlamento nel 1996, rimanendovi sino al 2013, col Pds e tutte le sigle successive. Dell’ultima delle quali, il Pd, cercò anche di essere il primo segretario, candidandosi però con modalità considerate irregolari da chi aveva deciso che quel posto dovesse spettare a Walter Veltroni. E lui, debbo dire, uomo di mondo, capì e si adeguò rinunciando a insistere. Non poteva d’altronde fare torto, o tentare davvero, a uno dei suoi lettori più assidui e assorbenti. Che aveva imparato proprio dai suoi articoli a conoscere e ammirare l’America e la famiglia Kennedy: Bob in particolare, fratello e ministro della Giustizia del più mitico presidente Jhon, di cui fece la stessa fine- ucciso- mentre cercava di succedergli, peraltro non direttamente. (...)