Dietro la tragedia
Genova, si getta dal balcone con la sorella? Era vessata dal marito islamico
Una tragedia. Che, d’accordo, non è direttamente collegata a quei precedenti di violenza famigliare, ma che in un certo senso nasce da lì. Perché la paura, la disperazione, il timore di perdere addirittura l’affidamento dei figli (spesso) è più grande di qualsiasi altra cosa. Due sorelle, entrambe di origini albanesi, entrambe di una trentina d’anni (la più giovane, Axhere Gjoni, he aveva 32, la più grande ne ha 36), entrambe precipitate giù dalla finestra, in quello che sembra a tutti gli effetti un gesto volontario, poco prima delle otto di mattina, ieri, in una palazzina di via Cantore, nel quartiere di Sampierdarena di Genova. La prima morta sul colpo, in quel cavedio dello stabile dove i vicini sono accorsi spaventati e si sono messi subito al telefono per chiamare l’ambulanza; la seconda portata d’urgenza all’ospedale San Martino della stessa città dove è ancora ricoverata in gravissime condizioni.
Non si sa, per la verità, ancora molto. Si sa, però, che la prima a cadere è stata Axhere, che mentre gli altri condomini, allarmati dal tonfo sordo, erano al telefono col centralino del 118, hanno notato la sorella a cui era molto legata fare lo stesso, cioè lanciarsi nel vuoto. Si sa che la finestra dalla quale sono cadute è piccina e che, per questo, un fatto accidentale è alquanto improbabile.
Si sa che in casa, in quei momenti così drammatici, c’erano i quattro bimbi (tutti minori e di età compresa tra i due e gli otto anni) di Axhere e che sono stati loro ad aprire la porta, peraltro precedentemente chiusa dall’interno, e a far entrare i medici e ai soccorritori. Si sa che Axhere si stava separando dal marito, il quale era stato denunciato (e mica una volta sola) dalla moglie, che era pure stato condannato a quattro mesi di carcere con la condizionale per un reato che una bazzecola non è (sequestro di persona: lui sostiene di averla chiusa in casa solo perché stava sistemando una porta) e che era stato assolto, invece, in un diverso procedimento per lesioni.
Si sa che è un uomo di fede musulmana e che conduceva una vita molto rigida: che voleva la moglie indossasse il velo e che non gradiva lei guidasse la macchina. Si sa che per queste ragioni i due, in passato, avevano litigato tanto, parecchio: in alcune occasioni erano addirittura intervenuti i carabinieri per evitare il peggio. E si sa anche che venerdì prossimo, il 10 gennaio, al tribunale genovese, si sarebbe tenuta l’udienza per l’affidamento di quei quattro bambini la cui vita, adesso, sarà ancora più in salita. Axhere stava vivendo questi giorni con una preoccupazione crescente.
L’ansia, lo sgomento, il sospetto che l’incubo potesse ritornare, che potesse iniziare di nuovo. Ed eccoli lì, quei figli adorati, appena riportati alla mamma il giorno dell’Epifania, dal padre e da uno zio paterno col quale avevano trascorsi alcuni giorni di vacanza (perché lei, a dicembre, aveva acconsentito a tanto, aveva detto sì-va-bene, anche se non era obbligata visto che in capo a lui era ancora pendente un divieto di avvicinamento dovuto a un ulteriore procedimento aperto per maltrattamenti di carattere psicologico). Eccoli lì, però. Finalmente a casa, sotto la sua protezione, così piccoli e innocenti. Forse è stato troppo. Forse, semplicemente, psicologicamente, Axhere non ha retto.
Va specificato che anche il marito, negli ultimi mesi, aveva presentato delle contro-denunce nei suoi confronti e che ieri mattina, quell’ordine di non poterle stare troppo vicino, lo ha rispettato: non era presente al momento del suicidio, non era neanche nei paraggi e, da questo punto di vista, è vero, il fascicolo inerente ai precedenti di violenza non ha collegamenti diretti col gesto estremo di Axhere e di sua sorella. Sul caso, intanto, indaga la procura di Genova con il pm Luca Monteverde, ma agli agenti della Squadra mobile diretti dal dirigente Carlo Bertelli non sfugge (giustamente, un episodio così complesso non può che essere studiato sotto tutti i suoi aspetti) nemmeno il contesto famigliare e quel pregresso così ingombrante che è difficile scrollarsi di dosso.
Le indagini sono, come è ovvio, ancora in corso e in questa prima fase non sembrano emergere comportamenti analoghi nel passato più prossimo: anche se due giorni fa Axhere avrebbe postato sui social network un video (il cui contenuto non è stato reso noto) che avvalorerebbe la tesi del suicidio; ma subito dopo lo avrebbe cancellato e, a ogni modo, quella non può essere una prova schiacciante. Serve di più. Serve trovare delle risposte e serve fare la chiarezza che lei, sua sorella e soprattutto i suoi quattro figli che non hanno neanche dieci anni si meritano. In quest’ottica, appunto, il magistrato che segue il faldone ha già disposto l’autopsia sul cadavere della 32enne.
Poi ci sono le sue condizioni mentali (e anche quelle della sorella) che devono essere oggetto di accertamenti. Rimane, tuttavia, l’ulteriore trauma che quei quattro bimbi senza alcuna colpa hanno sicuramente vissuto e stanno vivendo nelle ultime ore: tutti loro erano già in carico ai sevizi sociali da quando era stato concordata la possibilità di vedere il padre e di pernottare a casa sua. I dirimpettai e gli altri condomini confermano che l’intendo delle sorelle Gjoni fosse quello di togliersi la vita. Su tutto il resto saranno le autorità a dire come è veramente andata.