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Il Milan cancella il Natale: "Buone ferie", esplode la rabbia dei tifosi
Il Natale è una maledetta grana, per il talebanesimo Woke. Forse perfino il problema dei problemi. Essì, perché anche nella sua rappresentazione più consumista (peraltro già faccenda sospetta in quanto occidentale: società dei consumi significa anzitutto società aperta, la casa ripudiata dai politicamente corretti), il Natale tende in ogni caso a rammentare la nascita di Qualcuno. Nella fattispecie, un umile bambino che spacca in due il corso della Storia, tanto che ancora oggi dividiamo gli anni in “prima” di Lui e “dopo” di Lui. È l’ultimo nocciolo di realtà di fronte a cui si arena la marea montante del relativismo multiculti. Peggio che peggio, quel bambino è anche lo scandalo del Dio che si fa uomo, che addirittura sonderà il limite estremo dell’umanità, quindi oggi è uno scandalo anzitutto culturale, è lo scandalo del Dio cristiano, è lo scandalo di una civiltà che non si rassegna ancora alla propria eutanasia arcobaleno, della NOSTRA civiltà. Se il tramonto dell’Occidente è ormai il dogma (o meglio, l’auspicio scambiato per dogma) che va per la maggiore agli aperitivi delle Ztl occidentali non c’è niente da fare, il Natale va davvero bandito, sbianchettato, o meglio ancora taroccato, edulcorato allo stremo del suo contenuto, disinnescato dalla sua eco storica e simbolica.
Ecco allora che la Chiesa anglicana diffonde una circolare (sic) a tutte le diocesi del Regno Unito invitandole a celebrare un Natale «inclusivo» e «non offensivo». Il che sostanzialmente significa includere tutti, tranne quei reazionari che credono ancora al messaggio del Dio-Bambino, e non per modo di dire: uno dei “consigli” è quello di eliminare dagli inni tradizionali ogni riferimento a Cristo come «il vero Messia» (visto lo stato di intossicazione Woke del clero d’Oltremanica, è già buono che non abbiano direttamente voluto presentarlo come un precursore del Profeta Muhammad). Sempre da quelle parti, è toccata una grottesca gogna social al fuoriclasse egiziano del Liverpool Mohamed Salah, reo di aver condiviso su Instagram una foto che lo ritrae sotto l’albero insieme alla moglie e alle due figlie, addirittura con la scritta «Merry Christmas».
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Fatto da un musulmano dichiarato e praticante è ulteriormente inaccettabile, ha il sapore dell’apostasia. E infatti sotto il suo profilo si raduna la canaglia cliccante. «Hai già ricevuto tanti avvertimenti, ma tu vai avanti e pubblichi questa foto vergognosa. Che Allah ti protegga». «Cancellalo subito». Cancellazione e islamismo, ossessione patologica di non turbare l’altro e scorribande libere per gli “altri” più estremi: voilà il minestrone impazzito della contemporaneità. Un minestrone talmente raffermo che ormai crea crisi di rigetto spontaneo. Vedasi la reazione indignata dei tifosi a un post del Milan, in cui la società rossonera scriveva in inglese: «Dalla nostra casa alla vostra, vi auguriamo il meglio per questo periodo festivo». Di quest’anticaglia perturbante nota come “Natale” manco l’ombra, è stato il commento quasi unanime.
Vero che in caratteri microscopici nella foto era riportato anche #MerryCristhmas, e che cliccando si aprivano delle immagini in cui alcuni giocatori auguravano Buon Natale. Ma ormai quella che Sir Roger Scruton chiamava “oicofobia”, l’odio di sé e della propria tradizione, è arrivata a vette talmente esasperanti da generare un’esasperazione di segno opposto. Vedasi la crociata surrealista contro quel panzone (perdipiù bianco) di Babbo Natale come simbolo del patriarcato. L’ha seriamente raccontata il Guardian, che ci ha informato della moltiplicazione delle “Mama Claus” in giro per la Gran Bretagna, specie nei siti del National Trust, organizzazione per la conservazione del patrimonio. Viva Mamma Natale, peraltro molto meno sovversiva dell’altra madre, quella china nella grotta, con la mano sul volto del Dio-Bambino.