Il caso

Calci, pugni, mazza da baseball: ecco l'Arancia meccanica dei nordafricani

Serenella Bettin

C’è sempre da aver paura dell’intolleranza, soprattutto quando sfocia nella violenza. Ancor di più se stiamo importando nel nostro Paese costumi che la libertà non sanno nemmeno che cosa sia. Non solo la volontà di derubare, dunque. Ma anche il desiderio di far del male alle vittime, di discriminarle per il loro orientamento sessuale.

Tutto comincia l’11 giugno scorso. È l’una e un quarto di notte quando nella zona industriale di Padova, in via Polonia, quattro malviventi col volto travisato aggrediscono violentemente un anziano pensionato. Gli sferrano calci, pugni, lo colpiscono brutalmente con una mazza da baseball. E gli sottraggono un anello d’oro, due telefonini e 150 euro. L’anziano rimane lì, sofferente, il corpo coperto pieno di lividi e loro, non contenti, con un arnese gli incidono sull’auto una serie di insulti «di inequivocabile contenuto omofobo».

È proprio grazie a questo particolare che i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Padova capiscono che hanno a che fare con soggetti omofobi, che colpiscono non tanto e non solo per estorcere del denaro, quanto per far del male alle persone stigmatizzate solo per il loro orientamento sessuale. Vere e proprie spedizioni punitive, come le ha definite il giudice per le indagini preliminari, che ha condotto in carcere due marocchini di 23 anni, residenti nel Veneziano. Ma i ragazzini fermati sono in tutto una decina. E hanno dai 15 ai 23 anni. Sei sono minorenni. Gli indagati per ora sono sette.

Dieci gli episodi di violenza accertati tra il 5 giugno e il 31 luglio scorsi: orari notturni, modalità analoghe, in stile “Arancia meccanica”, con i malviventi travisati da passamontagna e maschere alquanto grottesche. Il materiale sequestrato, in questo senso, è inquietante. Dalle immagini giunte in nostro possesso si vedono: maschere nere a forma di teschio, museruole, passamontagna, maschere raffiguranti i volti dei più inquietanti dei serial killer, e ancora pistole, manganelli, accette, taglierini, mazze da baseball, ricetrasmittenti, attrezzi armati con svastiche. E il loro modus operandi è ben preciso. Un ragazzo a volto scoperto si avvicina alla vittima.

Chiede una sigaretta o un’informazione. Attende qualche istante, lo distrae e nel frattempo arrivano i complici che a volto coperto si accaniscono sul malcapitato di turno. Prima lo colpiscono a mani nude, lo immobilizzano, e poi lo tramortiscono con la mazza da baseball, o con il taser. Se serve, puntano anche il coltello. «Le vittime spiegano gli investigatori- venivano percosse ferocemente e private di somme di denaro, cellulari, effetti personali e carte bancomat, che in un paio di occasioni sono state utilizzate per realizzare prelievi nei vicini istituti di credito».

 

 

Qualche vittima ha raccontato di essere stata costretta a consegnare tutto quello che aveva, altri di dover attendere addirittura che i rapinatori stessi prelevassero con la carta di credito dando loro il codice pin. Il tutto avveniva sotto minaccia e la rapina poteva durare anche un’ora. Alcuni hanno anche consegnato la carta d’identità. «Ora sappiamo dove abiti», dicevano i malviventi. «Faremo del male ai tuoi genitori». Ma soprattutto, fanno sapere gli inquirenti, le vittime venivano «fatte oggetto di scherno per il solo fatto di essere state sorprese in quello specifico luogo», ritrovo di coppie omosessuali. Per i due arrestati i reati contestati sono rapina aggravata, estorsione aggravata e porto illegale di armi. Le accuse però non prevedono l’aggravante determinata dalla scelta degli aggressori di colpire solo gli omosessuali.