Due pesi, due misure

Corvetto, la rabbia dei carabinieri: "Noi indagati, devastatori impuniti"

Massimo Sanvito

È un doppiopesismo che rischia di produrre effetti ben più deleteri rispetto a quelli già visti nelle quarantotto ore di guerriglia urbana successive alla morte di Ramy. Fango sulle divise e glorificazione dei ribelli.

I carabinieri nel tritacarne mediatico e i devastatori protetti dietro il paravento di un presunto impatto accidentale al culmine di un inseguimento nato per un alt non rispettato. I servitori dello Stato diventano i cattivi e i pregiudicati diventano i buoni. La più classica delle frittate che si ribalta. Una disparità di trattamento che però comincia a infastidire non poco uomini e donne delle forze dell’ordine: il bersaglio prediletto degli odiatori di professione sul cui fuoco soffia la sinistra.

 

 

 

PROBLEMA SOCIALE

«In questo Paese c’è un problema sociale e riguarda chi continua a giustificare qualsiasi cosa col fatto che manchi integrazione. Però ci si integra rispettando le regole... Quei due ragazzi giravano con un T-Max e quasi 1.000 euro, dunque non si tratta di un problema di marginalità. E se durante la fuga avessero investito qualcuno per strada? Sarebbe sempre stata colpa dei Carabinieri?», sono gli interrogativi di Pasquale Griesi, segretario FspPolizia. È in primis una questione di sistema che non funziona. «Il nostro compito è fermare i violenti, e lo facciamo anche nei quartieri più difficili d’Italia, ma è nei tribunali che bisogna fermare la violenza. Se un agente viene picchiato e il responsabile viene subito archiviato è chiaro che passa il messaggio che tutto è concesso. E il rischio è che al prossimo inseguimento qualcuno ci pensi due volte prima di intervenire visto poi come va a finire... Vogliamo capire che in determinate situazioni si devono prendere delle scelte in una frazione di secondo?».

Nessun dubbio che le indagini a carico dei tre militari dell’Arma di Milano per omicidio stradale in concorso, depistaggio e favoreggiamento personale (altri tre carabinieri presenti sul luogo dell’incidente la notte del 24 novembre sono sotto la lente della Procura e i loro telefoni sono stati sequestrati) siano «giustissime» ma se lo Stato viene messo sotto accusa attraverso i suoi rappresentanti «bisogna capire subito se qualcuno ha sbagliato o meno accelerando i processi: non possono durare dai cinque ai dieci anni perché così si distrugge mediaticamente sia l’uomo sia il poliziotto o il carabiniere, senza contare le spese legali e gli eventuali demansionamenti...», sottolinea Griesi.

 

 

 

«Il rito degli atti dovuti nei confronti del personale in uniforme, che involontariamente aizza i professionisti del disordine, scoraggia le forze dell’ordine al punto tale che qualcuno comincia a pensare, come la stragrande parte dei cittadini perbene, che forse esista una regia che invita a lasciar fare questi violenti senza ostacolarli. Chi delinque vive uno status di sostanziale impunità e chi lavora si ritrova indagato per aver fatto il suo dovere», spiega Felice Romano, segretario generale del Siulp.

 

MASSIMO RISPETTO

Secondo Domenico Pianese, segretario generale del Coisp, «è chiaro che le indagine sulla morte di una persona, evento sempre drammatico, sono giuste e abbiamo massimo rispetto e fiducia nell’autorità giudiziaria ma nulla cambia su ciò che è avvenuto, ovvero due ragazzi con precedenti penali che non si sono fermati a un alt così come fanno tutte le persone perbene, senza dimenticare le successive rivolte in un territorio dove la polizia è vista come un invasore di campo: ora non si può spostare il fulcro del problema».

 

LA TUTELA

Anche Massimiliano Pirola, segretario provinciale milanese del Sap, non ha dubbi: «La giustizia farà il suo corso ma nulla può giustificare ciò che è successo quella notte, prima con la fuga dai Carabinieri poi coi disordini di piazza. Va detto che nulla sarebbe successo se quei due ragazzi si fossero fermati all’alt. Ora sembra che il quartiere Corvetto sia diventato un’oasi felice, mentre gli uomini in divisa devono sempre e comunque pagare... È gravissimo dimenticarsi di quelle violenze».

 

 

 

Il Sindacato dei Militari, invece, ha dato mandato all’avvocato Piero Santantonio, del foro di Forlì-Cesena, «per compiere ogni atto necessario per tutelare i propri interessi statutari in vista di un eventuale processo e per la costituzione di parte civile». Il nuovo decreto sicurezza, che Partito democratico e compagni stanno provando in ogni modo a boicottare, viene invece benedetto dalle sigle sindacali. Tutele legali, bodycam di ultima generazione per registrare gli interventi e inasprimento della resistenza a pubblico ufficiale. «Chi ci colpisce deve sapere che sta colpendo lo Stato...».