Una storiaccia

Femministe contro centri sociali, il violentatore è rosso: volano insulti

Lorenzo Cafarchio

Choose your fighter. Da una parte il “Cua”, Collettivo Universitario Autonomo, dall’altra “Rest” - Rete Sotterranea Transfemminista. Il campo di battaglia è Bologna. L’atto del contendere un presunto stupro. Il “Rest”, il 25 novembre in concomitanza con la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, pubblica sul proprio sito un articolo, che lascia spazio a pochi fraintendimenti, dal titolo “Di uomini che stuprano e non-comunità che proteggono. Volete estirpare la violenza di genere? Iniziate dai vostri collettivi”.

Il “Cua” felsineo però ci tiene a dichiarare la propria estraneità ai fatti e sui propri profili social ha pubblicato una nota intitolata “Perché tutto questo?”. Ci immergiamo, prima, nelle parole degli autonomi. «Leggendo quanto scritto, per noi c’è un problema di fondo... Che non sappiamo di cosa si stia parlando. E, nel caso, vogliamo saperlo». Ma gli accusatori non ci stanno e hanno riempito i muri bolognesi con la vernice spray in cui il collettivo viene indicato come abusers, stupratori.

 

 

 

Il blog da cui partono le accuse, quello delle transfemministe, ha un solo, ma acuminato scritto proprio quello in questione. «Con questa azione facciamo esplicitamente riferimento al Cua», leggiamo, «stanch* (con l’asterisco fluido, ndr) della loro retorica ipocrita, che si fa vanto di portare avanti la lotta transfemminista, appropriandosene - proprio come fanno le istituzioni- ma che non fa nulla per dare concretezza a un lavoro di reale decostruzione e di indagine sul perché, da troppo tempo ormai, ci siano così tanti casi di violenza all’interno dei suoi spazi».

Botta e risposta sull’etere in una forma di livore che ha tempi e modi capaci solamente di aggravare la posizione delle presunte vittime. In questi comunicati sibillini, in questo rimpallarsi stupri realmente accaduti o meno quella che viene svilita, ancora una volta, è la donna. Usata come atto del contendere, come altare sul quale svolgere i propri riti e competere per manie di dominio. La situazione è grave, ma non è seria.

 

 

 

Tocca parafrasare le parole di Ennio Flaiano perché in questa guerra contro il patriarcato non si fanno prigionieri, ma solo sacrifici. E questo inseguimento nei confronti dei figli sani del patriarcato valica gli steccati ed entra, a spinta, anche nei centri sociali. Accuse, accuse, accuse così che tutto possa diventare farsa. Messa in scena di una realtà che non esiste e ci distrugge sempre un po’ di più. Qui i fatti sono tutti da appurare. Ma ci ricordiamo di quello che successe a Parma nel 2010. Dove in via Testi, nei locali della sede Raf appartenenti alla Rete antifascista locale, una giovane venne drogata e stuprata dai suoi compagni. Dovette subire i silenzi e l’omertà, ma il meglio lo diede Il Fatto Quotidiano, nel 2016, intitolando un pezzo su quel accaduto così: “Stupro di gruppo a Parma: la violenza è sempre fascista, anche nei centri sociali”.

Infatti sembra strano che questa volta gli epigoni di Piazza San Sepolcro non siano ancora stati chiamati in causa. Oppure non sia stata usata la stortura verbale e logica dei fascisti rossi, questa volta Paolo Buchignani non c’entra nulla. Servirebbe, forse, una bella analisi di gruppo. Una seduta antifascista dove psicanalizzarsi e colpevolizzarsi ancora una volta. Chiedere a Sigmund Freud. Anzi no, neanche lui può andare bene perché il 25 aprile 1933 inviò una dedica sul libro Perché la guerra? a Benito Mussolini in cui lo riconobbe “eroe della civiltà”.