Altro che corsa benefica

Non una di meno, slogan e insulti contro la polizia al corteo a Torino

Simona Bertuzzi

Sono centinaia i figli dei femminicidi. Ragazzini e ragazzine che hanno perso la mamma perché un papà violento gliel’ha ammazzata sotto gli occhi o nella stanza accanto mentre il silenzio amplificava lo strazio e il buio della notte copriva la mano e la vergogna dipinta sulla faccia. Ripartire da quel sangue e da quello strappo è un’impresa improba. La legge non aiuta. La società se ne frega. Finisce che restano appesi a un’idea di famiglia che si è schiantata insieme a loro, chiudendoli in un limbo di dolore da cui non si scappa, un passo avanti e diecimila indietro. Stupisce che un evento pensato per aiutare quei figli possa subire un assalto proprio dalle femministe che oggi scenderanno nelle piazze a urlare la loro rabbia contro gli uomini violenti e in difesa di tutte le donne.

Ma è esattamente quel che è accaduto ieri a Torino dove si correva la corsa benefica della Polizia di Stato (We run for woman) in favore del progetto S.O.S. Sostegno Orfani Speciali dei centri antiviolenza E.M.M.A onlus. Duemila partecipanti su percorsi di cinque e dieci chilometri pronti a devolvere la cifra dell’iscrizione ai bambini e adolescenti privati delle loro madri. Una giornata vera.

 

 

 

Un corsa vera. Si suda volentieri per un fine più grande. E tagliare il traguardo di certe iniziative sembra un gesto potentissimo in mezzo ai fiumi di parole e retorica ammantata di ideologia politica che si respirano in questi giorni. Al momento della premiazione però cinque attiviste di “Non una di meno” – poco più di vent’anni e la convinzione di aver già capito tutto della vita - hanno provato a salire sulle statue di piazza Solferino dove era in corso la cerimonia per sventolare uno striscione con su scritto “la polizia picchia e uccide”. Sono state ovviamente bloccate e identificate dalle forze dell’ordine. E lo striscione è rimasto lì per qualche minuto, a inumidirsi sull’asfalto davanti allo sbalordimento generale. Ma come si spiega tanta cecità? Rovinare uno dei pochi eventi pensati per chi è vittima di femminicidio.

Colpire la polizia che è per definizione garanzia di protezione e sicurezza ed è l’unico appiglio che hanno le donne nei vicoli scuri di città, e nelle case che rimbombano di violenze e soprusi. Qualcuno, nei resoconti della giornata, ha provato a metterci una pezza, quasi una giustificazione, scrivendo che le cinque femministe volevano solo richiamare l’attenzione sulle manifestazioni di oggi.

 

 

 

Ma volete scherzare? C’è qualcosa di violento, gravissimo e ignorante in quella scritta. E non si può derubricare il blitz a puro incidente di percorso, perché dai si sono fatte prendere la mano. Il probema degli orfani di femminicidi è immane e i numeri impressionanti. Tanto per dire: il 36% di questi ragazzi è presente nel momento in cui la madre muore ammazzata, e la maggior parte, crescendo, sviluppa un dolore cronico (la child traumatic gref). Molti scivolano nella violenza, taluni nella dipendenza. Alcuni non sanno più stare a scuola. Altri si chiudono nel silenzio emotivo e non si concentrano più perché pensare fa troppo male. La polizia scende in campo per questi giovani e “Non una di meno” che fa? riesce a prendersela con la polizia. Adesso lo capite perché certo femminismo è imbarazzante e fa male alla causa? Vediamo cosa accadrà oggi. Ma se queste sono le premesse...