vandalismo
Genova, l'ex scuola Diaz devastata dagli studenti durante l'occupazione: "Ora paghino"
Devastata è stata devastata. Hanno rotto alcuni sanitari, i maniglioni antipanico. Hanno rovinato gli attrezzi della palestra. E poi i muri, imbrattati. E i banchi e le sedie, danneggiati pure quelli. È una lunga lista, il conto dell’occupazione (di aprile scorso) al liceo Pertini di Genova, l’ex scuola Diaz nota per pestaggi delle polizia durante il G8 del 2001. Solo che adesso, vent’anni e passa dopo, i responsabili di questa ultima baraonda sono gli studenti: e il bilancio dell’arredo scolastico distrutto ha una cifra ben definita, periziata dai tecnici dell’istituto fino al centesimo. 26.264,03 euro. Soldi che il preside, Alessandro Cavanna, rivuole e chiede ai diretti interessati: pagare, sull’unghia, domandare la paghetta a mamma e papà se del caso, ma saldare il prezzo perché è educazione anche quella, è formazione pure imparare che le cose degli altri (e quelle pubbliche fan mica eccezione, sono di tutti quindi non sono private) non si rovinano, anzi quando succede tocca ripararle, costi quel che costi.
Però, c’è un però che sta diventando quasi un caso. C’è, infatti, che quegli stessi allievi del Pertini non ci stanno e potrebbero avvalersi di esperti legali e in questo sembrano spalleggiati dalle famiglie che non ne vogliono proprio sapere. È una fotografia amara, quella del liceo Pertini. Una fotografia, però, che racconta molto bene i tempi in cui viviamo: quelli del son-ragazzi e del tutto concesso perché c’è stato il Covid, ci sono le fragilità, bisogna essere indulgenti altrimenti si passa per iper-punitivi. Ecco, no. «Gli studenti hanno fatto dei danneggiamenti (al Pertini, tra l’altro, non hanno mandato quelle lettere raccomandate con la richiesta di pagare la “multa” entro trenta giorni a tutti gli iscritti, l’hanno spedita a chi si è reso responsabile dell’occupazione, per esempio a chi era impegnato a presidiare l’ingresso della scuola e invece il cancello s’è tramutato in un porto di mare: ndr) e gli studenti dovranno pagare», racconta Cavanna, «mi sembra un discorso tanto semplice quanto lineare, non c’è altro da aggiungere. Non è che può essere la scuola a pagare questo conto, visto che non ne è la responsabile». Punto.
Chiaro come il sole a mezzodì. Ma inaccettabile, quantomeno per la Rete studenti medi (che è una sorta di sindacato dei ragazzi che frequentano le superiori): tanto per cominciare, dicono loro, le perizie svolte non hanno valore e quindi nemmeno la cifra a cui sono giunte, e poi ma-scherziamo? Questo è un atteggiamento punitivo al limite dell’intimidazione per le future proteste. Insomma, è colpa di Meloni (pare un volo pindarico ma Francesco Devoti, che è il coordinatore ligure della Rete, sostiene esattamente questo: «È da quando si è insediato il governo Meloni che l’atteggiamento complessivo della scuola è cambiato. Non educa ma punisce, non ascolta ma castiga. Nessuno mette in discussione i danneggiamenti, però ci sono da spiegare alcuni aspetti»). Aspetto primo, allora: qui l’esecutivo di Fratelli d’Italia c’entra come un cavolo a merenda (la merenda dell’intervallo) e d’accordo la bandierina da sventolare per il prossimo corteo, ma restiamo ai fatti. Di politico c’è zero. Aspetto secondo: quantificare i danni subiti e pretendere che chi li ha prodotti li ripaghi non è un eccesso di “disciplina”, è che si fa così. Da sempre. Ovunque. In qualsiasi contesto. Nel vivere civile. Aspetto terzo: «Mi risulta che le persone che hanno ricevuto la “multa”», spiega sulle pagine locali di Repubblica Devoti, «si siano già rivolte agli avvocati perché quel provvedimento è facilmente impugnabile»; che come “lezione” lascia il tempo che trova (per tutto ciò che è già stato scritto sopra). Siamo stati tutti giovani, non tutti abbiamo contestato occupando ma gli anni della ribellione li abbiamo vissuti: c’è un limite, come per ogni cosa, e ci sono conseguenze quando lo si passa. Non solo al Pertini, in generale.