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Immigrati, "se non vi piace l'Italia andate via": sembrano leghisti e ringraziano l'Italia

Andrea Tempestini

Gli italiani sono razzisti. Magari fascisti. La polizia italiana è razzista e manganella senza pietà. Gli immigrati li rinchiudiamo in Albania e «anche la Germania nazista», spiegano i giudici del no al decreto, «per il governo sarebbe un Paese sicuro». Ergo, forse siamo anche un po’ nazisti. Il Salvi ni sequestratore è intrinsecamente un razzistone. Paola Egonu, Scurati e Saviano, Giannini e Rossella Carlo, Ghali e Mannoia Fiorella, Bonelli&Fratoianni, Schlein, piddi, Dibba, De Magistris, Soumahoro. Stop. Si farebbe troppo lunga. Giusto per dire che per molti gli italiani non sono mica brava gente. A parte quelli bravi, ovvio. Che poi è molto chic, elitario, rassicurante dire che siamo brutti, cattivi, razzisti.

Anzi, con Meloni lassù - «ha detto antifascista?!» - è doveroso sostenerlo. Espiare inesistenti sensi di colpa, schierarsi dalla parte del “Giusto”. Giusto - semmai - smascherarli, come è corretto prenderli relativamente sul serio: a conti fatti, fanno tanto rumore ma gli credono in pochi. Sulla base di queste premesse è altrettanto corretto introdurvi un paio di personaggi assurti alle recenti cronache social. Due personaggi, parimenti, da prendere relativamente sul serio. Il primo ce lo presenta Matteo Salvini ed è solo un volto. Non conosciamo il suo nome.

 

 

 

«Trenta secondi di puro buonsenso, ascoltatelo. Questa è l'immigrazione che ci piace», lo introduce il leghista. Protagonista del breve video è un ragazzo nero. «Perché Italia qui, Italia lì... ragazzi, se non vi piace l'Italia nessuno vi obbliga a rimanere, ok? Questo Paese ci ha dato tanto e io sono grato», scandisce con sorriso sornione. «Ok, quello che ho lo ho guadagnato col sudore, ma l'occasione che ho avuto, nel mio Paese, non la avrei mai avuta, non so voi. Se pensate che ci siano posti migliori, siete liberi di andare. Ma lasciate vivere in pace qui chi vuole restare e farlo nel modo giusto». Fine. Intendiamoci, non lo si erge a maître à penser. È solo una voce che nella narrazione "Giusta" non troverebbe mai spazio.

E se ne trovasse sarebbe solo per essere derubricata a voce di un «negro da cortile», usiamo le parole di Toni Iwobi, nigeriano, ex senatore leghista, in passato bersaglio prediletto di insulti del fronte antirazzista (paradossale, no?) per la militanza politica. Se il nero sta con Salvini è un servo sciocco, è Samuel L. Jackson in Django, lo spietato servo (nero), al servizio del negriero (Di Caprio), il cui credo è seviziare i neri. Il secondo personaggio che vi presentiamo è Mourad Marmouta, in arte Flow Murry, marocchino e discreta star su TikTok, dove conta 56mila seguaci e video che spesso viaggiano sopra il milione di visualizzazioni. A Tag24, unico sito ad averlo interpellato un anno fa, raccontava della prima volta in cui lo insultarono per il colore della pelle, aveva 12 anni ed era appena arrivato in Italia. Oggi vive a Bologna, spiega di essere di sinistra per quelli di destra e viceversa. La ragione è condensata in una sua frase: «Dell’Italia non mi piace il giudizio della gente, sempre lì a guardare l’aspetto, il colore della pelle. Però mi trovo bene, qui a Bologna non muori di fame. Le forze dell’ordine sono sempre disponibili, mamma va tranquilla al mercato. A Milano però alla sera non esci tranquillo: magari un extracomunitario ti ruba il telefono».

Su TikTok ha due ragion d’essere: la critica ai maranza (ragazzi che si muovono in branco, spesso stranieri, tamarri, chiassosi e violenti) e la critica al buonismo su migranti e immigrazione. I suoi mantra recitano: «Perché fate così? », «Perché ti comporti male?», «Perché dei cinesi non sentiamo mai parlare e dei nordafricani sì?». Ciò che Flow Murry lamenta è il fatto che poi, nel calderone, «ci finiamo tutti noi nordafricani». Conclusioni: «Se non stai bene qui te ne torni al tuo Paese». Un pensiero basico, ma l’orgoglio di Mourad per le sue origini e per la sua religione, l’Islam, rende il pensiero poi non così banale. Flow Murry è recentemente balzato agli onori delle cronache perché Rita Dalla Chiesa ha rilanciato un suo video, commentava il fattaccio di Verona, il maliano ucciso da una pistolettata dell’agente che aveva aggredito coltello alla mano. «Non venire qua a fare il delinquente, non venire qua a tirare fuori un coltello davanti a un poliziotto. E poi dite che l’Italia è un Paese razzista...».

 

 

 

Quello di Flow Murry è ormai un format di successo, mixa commenti e cronaca. «Vi lamentate che gli italiani non vi affittano casa? Andate a chiederlo a chi non paga, prendetevela con loro». «Non è possibile che in Posta devo aspettare in fila perché tu, straniero, dopo 22 anni qui non dici ancora una parola in italiano». Poi le incursioni politiche: «Solo cinque anni per diventare cittadino italiano? Tutti felici? La cittadinanza non si regala: come hanno sudato i nostri genitori devi farlo tu. Soprattutto se sui social schifi l’Italia, eppure vuoi la cittadinanza. Cosa avete nel cervello?». Il racconto del primo controllo documenti si conclude con «viva la polizia italiana!». Intendiamoci, il lessico di Flow Murray spesso è piuttosto colorito e parte del pensiero non così edificante (se avete tempo e voglia, date una sbirciata). Ripetiamo, non va preso troppo sul serio. Però che gusto farlo vedere a quelli dell’«Italia razzista» che, al contrario, si prendono tremendamente sul serio...