Quotidiano della Cei

Giorgia Meloni, per attaccarla "Avvenire" oscura addirittura il Papa

Corrado Ocone

Un tempo c’era il principio della laicità. Era considerato uno degli assi portanti della Repubblica. E c’erano le cosiddette “vestali della laicità”: giuristi, politici, intellettuali, sempre pronti a individuare e a combattere ogni più o meno presunta invasione di campo del potere ecclesiastico nella vita pubblica. D’altronde non era stato lo stesso Gesù Cristo ad invitare a distinguere “ciò che è di Dio” da “ciò che è di Cesare”?

Garante primo di questa distinzione era proprio il partito politico dei cattolici, capace di conciliare le diverse esigenze della sfera temporale e di quella spirituale in una superiore sintesi. Poi, con la scomparsa della Balena Bianca, tutto cambiò rapidamente. Oggi, a fronte di un universo cattolico anche nazionale in cui coabitano diverse e spesso anche opposte sensibilità, le gerarchie cattoliche hanno deciso di scendere direttamente in politica, affiancando la sinistra in tutte le sue battaglie, anche quelle che alla luce della dottrina generano a dir poco seri dubbi e perplessità.

A dar loro voce quotidianamente è Avvenire, l’organo ufficiale della Conferenza episcopale italiana, sempre più schierato contro le politiche di un governo che pure della salvaguardia delle nostre comuni radici cristiane ha fatto il proprio cavallo di battaglia. Per rendersi conto di questo cambiamento, basta prendere in mano una qualsiasi copia del giornale. Ieri, ad esempio, all’enciclica di Papa Francesco, che uscirà giovedì e che in punto di dottrina ribadirà il no al diaconato femminile, il giornale dedicava un articolo solo in sedicesima pagina, richiamandolo in prima con uno smilzo specchietto collocato in fondo alla pagina. L’apertura era invece dedicata al decreto sull’immigrazione del governo. Già il titolo era fortemente schierato sulle posizioni dell’opposizione, con un tono sarcastico che non si addice ad un giornale in fondo istituzionale: «Sicuri per decreto».

 

 

 

L’impressione è che il quotidiano dei vescovi, avendo fatto della lotta politica contro questo governo la principale priorità, utilizzi à la carte anche le posizioni del Sommo Pontefice. In verità, proprio il tema dell’immigrazione è altamente istruttivo. Quando il Papa predica l’ospitalità non fa altro che il proprio mestiere o dovere, non potrebbe fare altrimenti dal suo punto di vista, che è attinente strettamente alla sfera sprituale. Un elemento fondante della nostra cultura, plasmata dal cristianesimo, è proprio il principio della uguale dignità di tutti gli uomini, tutti figli di Dio e in quanto tali fratelli. L’etica del credente, come ci ha insegnato Max Weber, è quella della convinzione. Essa però non è sufficiente: il politico deve di necessità integrarla con l’etica della responsabilità, la quale, tenendo ben fermi i necessari principi di umanità e civiltà, è sempre attenta alle conseguenze delle proprie azioni. Le politiche migratorie del governo si collocano proprio in questa dimensione e perciò, nella opportuna distinzione dei ruoli, esigerebbero più rispetto da parte delle autorità spirituali.

Un’altra delle bestie nere del quotidiano cattolico è Matteo Salvini. Dopo la lunga e pregiudiziale lotta combattuta contro la legge sull’autonomia differenziata, fra l’altro non compresa nella sua essenza, ieri, sempre con un articolo richiamato in prima, Avvenire criticava le parole del vicepremier in difesa del poliziotto che, per difendere se stesso e i cittadini, cioè per fare il suo mestiere, si era visto costretto a sparare e purtroppo ad uccidere un malintenzionato alla stazione di Verona. D’altronde, anche l’articolo sul calo delle nascite, sempre in prima, suona come un appello ad aprire le porte a tutti gli immigrati piuttosto che come un grido di allarme per la fine della nostra civiltà.

 

 

 

UN GIORNO A CASO
È l’esempio di un giorno preso a caso, ieri. Molto istruttivo perché ci fa capire alcune cose. In primo luogo che la Chiesa italiana, per fortuna solo in alcuni suoi organi direttivi, sembra aver scelto di anteporre la politica progressista alla impolitica cura delle anime che le spetterebbe. In secondo luogo, la circostanza che ciò avviene nel silenzio più assoluto delle “vestali” laiche su citate, di colpo diventate afone. Più che al principio, esse probabilmente erano interessate a portare acqua a una parte politica, incuranti del palese doppiopesismo dei loro comportamenti. In terzo luogo, non ultimo certo per importanza, un motivo di consolazione: il Papa sembra andare dritto e incurante perla sua strada, tenendosi lontano dalla politica e guardando soprattutto a quelle immense realtà extraeuropee ove forse oggi il messaggio di Cristo ha maggiori possibilità di essere assunto nella sua forma più pura.