il ricorso

Vicenza sott'acqua? Colpa del "no" degli ambientalisti al bacino di laminazione

Claudia Osmetti

Appena dodici chilometri, che per un corso d’acqua vuol dire raggiungere a malapena la qualifica di affluente minore. Epperò dodici chilometri che possono fare la differenza: possono mandare in tilt, per esempio, una delle linee ferroviarie più importanti d’Italia, oppure possono (se nell’equazione ci si mettono gli ambientalisti e le loro onlus) bloccare addirittura le opere di contenimento che sarebbero cosa buona e giusta quantomeno sul fronte della (sacrosanta) prevenzione. È che piove, o meglio, ha piovuto e probabilmente ripioverà - corna e scongiuri, speriamo senza far danni - nei prossimi giorni.

IL MALTEMPO
Vicenza: una delle città colpite dall’ondata di maltempo degli scorsi dì con la piena del Bacchiglione. Tuttavia no, non stiamo parlando di questo maestoso fiume, ma di uno assai più piccolo, il Retrone, che nasce poco fuori il centro abitato e si immette nel Bacchiglione (appunto) praticamente davanti al tribunale vicentino, centro del centro. Succede questo, a Vicenza: quando il livello del Bacchiglione si alza perché i temporali non cessano, le vasche di laminazione (che la Regione Veneto ha costruito su praticamente tutti i grandi fiumi del suo territorio) scattano e impediscono ai torrenti di esondare; ma il Retrone continua a fluire e, scorri che scorri, non riesce più a ingrossare il Bacchiglione, così si scontra contro il suo “muro” allagando, di fatto, lui, con la sua portata piccina di quattro metri cubi al secondo di media, tutta l’area circostante.

È un problema. Perché, come riporta il Corriere del Veneto, tutto questo accadeva, una volta ogni trecento anni, ma adesso si registra di continuo. E c’è dell’altro: c’è, infatti, che quella del Retrone non è una zona periferica, campi e campagna, nossignori. Lì vicino passa la ferrovia che congiunge Milano con Venezia (ossia una delle principali tratte del nord Italia) e quando si allagano i binari si ferma anche la circolazione dei treni (nel mese in corso, che tra parentesi non si è ancora concluso e manca una settimana buona, è già accaduto due volte, l’8 e il 18 ottobre). Se poi, ciliegina sulla torta, si aggiunge che le linee ferrate si stanno quadruplicando perché di lì ci dovrebbe passare anche la Tav, il quadro è completo: serve una soluzione.
Soluzione che è già prospettata: si tratta della realizzazione di un secondo bacino di contenimento, non esattamente sul Retrone ma sul suo affluente Onte, ché il risultato sarebbe lo stesso, poco distante, a Sovizzo. Un’opera che per Vicenza è indispensabile come poche, che varrà mezzo milione di metri cubi d’acqua e che è nell’accordo tra Comune e Regione e Rfi (Rete ferroviaria italiana), perché in Veneto mica son grulli.

 

 

Peccato solo che c’è un ma. Ed è un “ma” della portata del Bacchiglione (circa otto volte quella del Retrone): Italia Nostra, una delle associazioni per la salvaguardia dei beni artistici e culturali e, ovviamente, naturali, ha fatto ricorso al tar del Lazio e da mesi, a Vicenza, non si muove un operaio. In realtà Italia Nostra ha proposto un maxi ricorso “omnibus” con 93 istanze in una che è finito rigettato per 92 rilievi tranne l’ultimo. Non c’è bisogno di specificare quale (un cavillo tecnico, un passaggio nell’iter di approvazione che forse si potrebbe aggiustare con una semplice integrazione, ma su questo punto deve esprimersi il Mase, il ministero dell’Ambiente, e tutto è fermo dal 24 luglio scorso: nonostante nel frattempo ci siano state le inondazioni, le piogge autunnali, le allerte arancioni e via dicendo).

OPERA NECESSARIA
Che, però, quella benedetta vasca di laminazione sull’Onte-Retrone sia essenziale per la città è sotto gli occhi di chiunque: non è l’unico piano che è stato vagliato negli anni (un altro riguarderebbe una sorte di “tunnel scolmatore” sotto il monte Berico in modo da convogliare le acque dove non farebbero danni; sulla questione era tornato, pochi mesi fa, ossia ad aprile, anche il presidente leghista del Veneto Luca Zaia che aveva assicurato di voler «lavorare sul Retrone, il quale resta il nostro cruccio, portando fuori l’acqua dall’alveo con un canale per disperderla in un bacino»), ma è l’unico che, al momento, al netto delle opposizioni di fronte alla magistratura amministrativa, sembra avere possibilità di attuazione.
Forse a fine mese (quindi la settimana prossima) se ne saprà qualcosina di più perché il Mase dovrebbe sciogliere la riserva integrazione sì - integrazione no: ma quel che è certo è che a Vicenza non hanno punto voglia di aspettare ancora. Magari il prossimo temporale. Magari la prossima pioggia battente.