La riforma della scuola

Voto in condotta, la rivoluzione per sanare qualcuno dei disastri del '68

Gianluigi Paragone

La decisione del ministro dell’Istruzione Valditara di ripristinare il voto in condotta ha un valore di gran lunga superiore a quello che appare: è il ripristino del senso dei diritti; è un altro passo affinché la scuola torni a pieno titolo nella centralità del controllo sociale, come agente formativo. È ciò che la scuola ormai aveva smarrito trasformando docenti e dirigenti in obiettivi del fallimento genitoriale: «Mio figlio non può andare male a scuola, perché lo vedo studiare».

Il voto in condotta con tanto di bocciatura in caso di 5 diventa un’asticella che tiene in equilibrio i rispettivi ruoli: non tutto sarà ammesso in classe e nell’istituto. Ce n’era bisogno? Direi di sì, alla luce degli episodi sempre più frequenti di bullismo, di menefreghismo e di indifferenza verso chi riveste un ruolo di formazione e di educazione. Non è solo il concetto di “autorità” - che pur in senso largo esiste quanto l’indicazione che la scuola non è un luogo come altri, una estensione cioè del tempo fuori di casa speso con amici e compagni.

 

 

 

Fa specie che il centrosinistra abbia criticato la decisione, perché al di là del posizionamento e della dialettica parlamentare evidenzia che la sinistra non ha fatto i conti con il fallimento di quella cultura sessantottina che ha inquinato i luoghi formativi. La sinistra non riesce a smarcarsi da quel suo impianto ideologico per cui la condotta, il rispetto, le istituzioni (ma potremmo estendere la questione altrove, dalla sicurezza alla Patria) si inspessiscono di valenza. Valditara ha avuto il coraggio di non demordere, convinto- da conoscitore della materia - che destrutturare la scuola significa contribuire a destrutturare la società. Imporre una postura minima a scuola con tanto di conseguenze - dalla bocciatura ad ammende da 500 a 10mila euro - significa inserire gli adolescenti in un percorso adulto, fatto di conseguenze nel caso di scelte non conformi. Una corretta postura nelle classi e nell’istituto si estende anche in una revisione delle proprie azioni anche fuori, cioè in quel mondo dove non si riesce più a contenere il decadimento del proprio agire: ma sì, tanto... Vale per gli studenti così come per i genitori, complici e alleati ciechi della maleducazione diffusa.

Ovviamente, professori e presidi dovranno essere ancor più strutturati. Anche costoro infatti, negli anni, hanno distorto il rapporto nell’ecosistema scolastico presentandosi come “amici dei ragazzi”. Inconsapevoli che questa torsione li ha col tempo trasformati in soggetti deboli, cioè bersagli. Il “tutti amici” - dalla famiglia alla scuola resetta la funzione dei ruoli e scarica le responsabilità di ciascuno. Non è un caso che la crescita del bullismo e persino della violenza coincida proprio con l’indebolimento degli agenti di controllo sociale. Il voto in condotta non è un amarcord ma una scommessa sul futuro.