La tragedia

Maria Campai, la confessione choc del 17enne: "Volevo scoprire che cosa si prova a uccidere"

“Volevo scoprire che cosa si prova a uccidere”. È una lucidità che fa paura quella del 17enne albanese accusato di aver premeditato l'omicidio della cittadina rumena 42enne Maria Campai, avvenuto il 19 settembre scorso nel garage di casa a Viadana.

I due si erano dati appuntamento attraverso una chat di incontri. Il giovane, al termine del rapporto sessuale, avrebbe poi nascosto il cadavere della donna sotto un fogliame nel giardino di una vicina villetta disabitata. Il ragazzo non ha mostrato nessun segno di pentimento, ma nonostante la confessione, per il padre del 17enne "mio figlio è un pezzo di pane".

 

 

 

L'omicida, a detta della famiglia, infatti, era un ragazzo tranquillo, che non ha mai dato problemi. Il 17enne frequentava la scuola superiore senza particolari problemi. “Mio figlio è un pezzo di pane, ragazzo tranquillo, non è aggressivo. Io non escludo che possa essere stato lui ma anche che possa essere stato un altro, oltre a lui”, ha detto il padre ai cronisti sotto casa. Eppure, quello che i suoi genitori definiscono un bravo ragazzo, buono come il pane, avrebbe ucciso la donna a mani nude, senza pietà. Ma non solo: il giovane aveva fatto numerose ricerche su internet su come fare a uccidere e a liberarsi del corpo.

In particolare, sui suoi dispositivi digitali – tutti sequestrati – i carabinieri hanno scoperto che prima dell’incontro con la vittima il 17enne aveva cercato in più occasioni come uccidere una persona a mani nude. Due, forse tre colpi assestati sul volto per stordire Maria Campai e poi le mani strette attorno al collo per strangolarla. La donna è stata ritrovata a pochi passi dalla villetta con i pantaloni ancora abbassati.

Maria Campai aveva raccontato alla sorella Roxana di avere un colloquio di lavoro con un uomo e accompagnarla a quel maledetto incontro è stata propria quest'ultima inseme al fidanzato. Il ragazzo ha confessato subito dopo essere stato individuato dalle forze dell'ordine: "Venite, vi porto io dove l’ho abbandonata". Poi, assistito dall’avvocato Valeria Bini del foro di Cremona, ha confessato: "lucido, quasi distaccato — spiega una fonte — come se quello che era accaduto avesse una giustificazione", riporta la Repubblica.

La stessa lucidità esibita l’indomani mattina a scuola e per una settimana a quei genitori che gli avevano chiesto di quelle nocche delle dita ferite: "Mi sono graffiato in allenamento". Ma nonostante la raccapricciante testimonianza, ieri il padre, al microfono del Tg3, lo difendeva: "È un ragazzo tranquillo, come ha fatto a fare tutto da solo a 17 anni? Se ha sbagliato, pagherà. Ma forse c’è stato un altro, bisogna approfondire".

Le spiegazioni fornite dal 17enne fanno venire i brividi: "Avevamo contrattato una prestazione — ha spiegato con calma — ma poi ha preteso 200 euro. Abbiamo litigato ma non volevo ucciderla". Versione che non convince né i carabinieri né la Procura, che contesta l’aggravante della premeditazione. Il giovane avrebbe già avuto in passato alcuni appuntamenti  con altre ragazze del mestiere: "A loro — ragiona un investigatore — è andata bene".