Inchiesta

Insulti, umiliazioni e botte da lei: quando il maltrattato è lui

Giorgia Petani

Quando chiedo ad Alfonso Veneziano che cosa preferisca riguardo alla rivelazione della sua vera identità, ero quasi certa della sua risposta, qualcosa tipo «meglio evitare». E invece, con tono deciso, a Libero spiega: «Io non ho niente da nascondere, voglio aiutare altre persone a trovare il coraggio di denunciare. A causa della mia ex moglie ho dovuto sopportare circa 100 giorni di prognosi: è giunta l’ora di dire basta». Alfonso è uno di quegli uomini, vittime di violenza di genere, di cui non si sente quasi mai parlare e che ha deciso di bussare alla porta dell’associazione per uomini maltrattati Perseo. Un centro che «non nasce in contrapposizione ai centri antiviolenza femminili, ma anzi vuole esserne un'integrazione, per dare sollievo a tutte le vittime senza distinzione. Ci rivolgiamo in modo particolare alla sfera maschile perché spesso sono persone che non sono viste come potenziali vittime della violenza di genere, dunque poco ascoltate», spiegato la presidente Fulvia Siano, psicologa clinica e giuridica.


Vite difficili da raccontare, quelle degli uomini maltratti. Storie diverse ma che si assomigliano un po’ tutte. Di dati ce ne sono pochissimi. Da una ricerca Istat del 2018, ad esempio, emerge che nel periodo 2015-2016 ben 3 milioni e 754 mila uomini hanno subito abusi sessuali nel corso della loro vita. E si stima che per una quota non trascurabile siano donne le autrici di molestia: 24.8% per quanto riguarda le molestie fisiche, 36.7% nel caso di contatti telefonici ritenuti osceni, 48,1% considerando le molestie tramite i social.

DAVANTI ALLA FIGLIA
E torniamo alla storia di Alfonso. Il suo incubo inizia quando per caso scopre sul telefonino della moglie dei messaggi da parte di un altro. «Ci siamo lasciati per una bolletta – ironizza amaramente -. Le utenze erano intestate a lei e mi serviva un codice sul suo telefono per poter effettuare un pagamento». I due, dopo la scoperta del tradimento, si lasciano.
Nel corso della lunga battaglia legale che ne deriva, due momenti in particolare segneranno per sempre la vita di Alfonso che come detto, a causa delle violenze fisiche subite dall’ex moglie, ha dovuto affrontare circa 100 giorni di prognosi (90 per la prima, 10 per la seconda). Premessa importante: Alfonso ha perso una gamba quando era ancora un ragazzo. «Andai a prendere mia figlia, era il mio turno di visita, e con mia sorpresa notai all’uscita dell’istituto anche la mia ex moglie» spiega.


«Mentre cercavo di prendere per mano nostra figlia, da dietro la mia ex moglie afferrò lo zaino della bimba, tirandolo con una forza e una rabbia tale da farmi cadere a terra sulle scale dell’istituto». Fu ricoverato, «e la mia condizione rende difficile il recupero». Con la seconda aggressione è scattato il famoso codice rosso. Ma a far male non sono solo le lesioni fisiche, piuttosto le violenze psicologiche: «Per anni sono stato umiliato. Senza contare i costi legali che ho dovuto sostenere per la tutela dei miei diritti e soprattutto dei diritti di mia figlia a cui, la madre, voleva di fatto togliere il padre». Quella di Alfonso è solo una delle tante storie di uomini maltrattati che non fanno rumore. «Sono stato in silenzio per molto tempo, finché non ce l’ho più fatta e ho chiesto aiuto», confida un’altra vittima. Alessio (questa volta il nome è di fantasia) vive in Piemonte insieme a suo figlio 15enne di cui, dopo anni di maltrattamenti e scontri legali con la sua ex moglie, è riuscito a ottenere il collocamento presso la sua dimora. Inizialmente la sua vita, anche matrimoniale, è scandita da una routine semplice e serena. A disturbare quella quiete sono i problemi di alcolismo di quella che ora è la sua ex moglie. «Quando vivi certe situazioni, ci sono cose che fai finta di non vedere» ammette. Ciò che non aveva voluto vedere fino a quel momento diventa però ben visibile una sera. «Ero appena tornato dal lavoro, quando mi sono reso conto che la mia ex moglie aveva causato un incendio in casa. Era finita in coma etilico» racconta Alessio, che spiega come a fare innescare la lunga battaglia siano state proprio le sue richieste di aiuto a servizi sociali sociali, forze dell’ordine e psicologi. A seguito delle «mie denunce, lei ha chiesto la separazione, provando a passare per vittima». Al termine dell’odissea giudiziaria, all’uomo viene anche restituito l’appartamento di sua proprietà da cui in un primo momento era stato costretto ad andarsene. Non c’è da stupirsi: a rendere queste storie ancora più complesse e difficili c’è il tema delle false denun ce.


DALLE OFFESE ALLE VIOLENZE
Tra le vittime di violenza c’è anche lo stesso vicepresidente dell’associazione Perseo, Massimo Santarelli, per cui «bisogna abbattere i numerosi pregiudizi che ancora esistono», riferendosi proprio ai casi di uomini maltrattati. Il rapporto con l'ex moglie inizia a incrinarsi «dopo 18 anni di matrimonio, ma io decisi comunque di restare a casa per amore dei nostri figli». Ed è proprio la determinazione dell'uomo a mantenere unita la famiglia che ha portato la donna ad adottare comportamenti violenti. «All'inizio mi offendeva con insulti di vario genere, anche a sfondo sessuale. Poi le offese sono degenerate in violenze fisiche, tanto che sono finito cinque volte all'ospedale». In due occasioni le dottoresse hanno segnalato alle forze dell'ordine presenti «le violenze in questione, ma le mie denunce sono state archiviate. Inoltre, a un certo punto è stata lei a denunciare me». Al termine della battaglia legale «sono riuscito da una parte a dimostrare la mia innocenza, dall’altra ho deciso di ritirare la mia denuncia a patto che lei rispettasse i giorni di visita ai figli prestabiliti dal giudice». Quando chiedo a Santarelli se il suo lavoro abbia subito ripercussioni, il vicepresidente mi ha spiegato che, essendo luogotenente dell'Arma dell'Aeronautica Militare, «è stato molto difficile. Ma alla fine la verità viene a galla». Per questo si è avvicinato a Perseo, poco prima di risolvere tutta la vicenda: «Proprio per aiutare altri uomini a trovare il coraggio di chiedere aiuto. Vorrei che ci fosse una maggiore sensibilizzazione su questo tema».