L'omicidio

Paderno Dugnano, il 17enne: "Voglio andare in Ucraina", la telefonata choc coi cadaveri davanti

Roberto Tortora

Un malessere profondo. Covato nelle profondità di una vita apparentemente normale, dietro una maschera di quotidianità che nessuno poteva immaginare. È questa l’impressione dominante che regna sul macabro massacro di Paderno Dugnano, dove il 17enne Riccardo ha ucciso tutta la sua famiglia, senza un movente preciso che non fosse, almeno sembra fino ad ora, quello di un grave disagio generazionale: “Ero convinto che uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero. Distaccandomi dalla mia famiglia avrei potuto vivere in solitario. Pensavo che una coltellata sarebbe bastata per morire. Poi ho visto che stavano continuando a soffrire. Era tutto il giorno che stavo covando questo pensiero”.

Interrogato dagli inquirenti, il ragazzo ha fornito dettagli sconcertanti, tra cui quello sulla guerra: “Volevo andare a combattere un giorno in Ucraina. Ma questo non c’entra nulla con quello che ho fatto”. La sequenza omicidiaria rivelata dal 17enne in caserma è agghiacciante: prima ha sorpreso il fratellino nel sonno, poi ha atteso dietro la porta l’accorrere della madre, infine ha concluso il lavoro sul padre: “Si è girato, mi ha chiesto di fermarmi, di chiamare i soccorsi”. Lo farà, sì, ma solo a mattanza completata e dopo aver inferto una coltellata anche al cuscino del proprio letto, forse per simulare l’aggressione da parte del papà: “Venite! Mio padre ha accoltellato mia madre e mio fratello!” – “Sono vivi?” – “No, neanche mio padre. Sono morti! Sono morti!” -  “Si è ucciso?”, insiste l’operatore – “No, l’ho ucciso io!”.

Prima di chiamare il 112 ho pensato di raccontare che era stata mia mamma ad accoltellare mio fratello e mio papà. Poi ho cambiato idea”. Il ragazzo, al momento, è al Centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria di Milano. I familiari superstiti, tra cui i nonni e gli zii, sono lì per sostenerlo e non intendono abbandonarlo, malgrado la tragedia. La procuratrice facente funzione, Sabrina Ditaranto, spiega: “Fanno quadrato attorno a lui e ciò dimostra che è una famiglia sana. Secondo la mia esperienza la festa di compleanno del padre di quella sera potrebbe avere acuito il disagio, i festeggiamenti sono sempre momenti particolari per chi sta soffrendo. Ma non erano stati notati suoi gesti particolari durante la serata. Certo è che è sempre stato un ragazzo molto riservato, un eventuale atteggiamento pensieroso alla festa del papà poteva passare inosservato”. Ha aspettato i carabinieri seduto sul muretto d’ingresso, coperto di sangue della sua famiglia, con un coltello in mano.