San Giorgio Maggiore

Napoli, firme in chiesa contro la legge Calderoli? Spunta il don indagato per voto di scambio

La raccolta firme contro l’Autonomia differenziata organizzata nella chiesa di San Giorgio Maggiore a Napoli sta scoperchiando gli altarini all’interno della Curia della città partenopea. Dopo una prima smentita della Cei, è arrivata una sorta di contro smentita dell’arcivescovo di Napoli, il bergogliano Domenico Battaglia, che in un comunicato negava, sì, che l’iniziativa fosse stata presa dal parroco, ma di fatto la benediva, attribuendola a fedeli “illuminati”. Del resto è lo stesso arcivescovo ad aver più volte, e pubblicamente, sposato tesi contro la riforma sull’Autonomia differenziata. Non stupisce dunque la difesa a spada tratta del suo parroco don Carmelo Raco, che alla fine ha semplicemente preso spunto dalle parole che arrivavano dall’alto. E non è una novità.

L’arcivescovo di Napoli è da sempre vicino a don Luigi Ciotti ed è stato uno dei maggiori finanziatori della Ong Mar Jonio, quella di Luca Casarini, cui ha versato due milioni di euro frutto dell’obolo dei fedeli. Insomma non stupisce che l’arcidiocesi di Napoli si sia schierata contro il governo. A difendere a spada tratta arcivescovo e parroco, sono arrivate ieri anche le truppe cammellate della Cgil, che al grido di «Fdi vuol mettere le mani anche sulla Chiesa» ha benedetto l’iniziativa della Cei e ha annunciato nuovi banchetti per la raccolta delle firme.

 

A turbare le notti di monsignor Battaglia, c’è poi un’altra vicenda che non riguarda le firme sull’Autonomia, ma direttamente il pool di collaboratori che lui stesso ha creato nel 2020 quando è stato nominato arcivescovo di Napoli. Tra i suoi più stretti collaboratori c’è infatti il calabrese don Antonio Foderaro, nominato decano della Facoltà Teologica, indagato per voto di scambio politico mafioso nell’ambito dell’inchiesta Ducale della Dda di Reggio Calabria sugli intrecci tra politica e ’ndrangheta. Un’accusa tutta da provare che ha portato il prelato a dimettersi.

Non prima di aver respinto «con decisioni le contestazioni a lui rivolte tramite la stampa», si legge in una nota dei suoi legali, che prosegue: «Profondamente turbato e sorpreso da questa vicenda, il sacerdote Foderaro ha deciso di autosospendersi da ogni incarico da lui ricoperto». Foderaro è accusato di scambio elettorale politico mafioso a causa dei suoi rapporti con Daniel Barillà, genero del presunto boss Domenico Araniti.