A Roma

Lanciarsi sull'auto della polizia non è reato: la sentenza scatena la rabbia

Tommaso Montesano

«Bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao! È finita!». Albarq Mohammed Ali Jummah, 27 anni, esce dal tribunale di Roma cantando e sventolando una bandiera palestinese. Ha buoni motivi per esultare: è stato appena assolto, perché «il fatto non sussiste», dall’accusa di danneggiamento che gli era stato formalizzata a margine degli scontri avvenuti all’interno dell’università La Sapienza lo scorso 16 aprile. Lo studente di economia - un libico in Italia da cinque anni, militante dell’Unione democratica arabo palestinese (Udap) - era stato arrestato per essere salito su un’automobile della polizia.

Ma ieri, come riferito dal suo avvocato, Federica Brancaccio, «il giudice procedente ha accolto le tesi difensive dopo aver visto i video che ritraevano l’azione contestata». Ali Jummah, spiega il legale al microfono dell’agenzia Ansa, «è stato assolto perché il fatto non sussiste. Per le motivazioni ci vorranno sessanta giorni, vedremo quali sono gli elementi che sono stati valorizzati». Non solo: l’avvocato ha rivelato che «la difesa ha chiesto la trasmissione degli atti per falsa testimonianza».

 

 

 

Il giorno dell’arresto, poi convalidato, il padre di Albarq Mohammed aveva difeso il ragazzo con queste parole: «Mio figlio non è un violento, è salito un secondo sull’auto per gridare “Free Palestine” al megafono». E proprio questa, secondo indiscrezioni, sarebbe la motivazione alla base dell’assoluzione: pur salendo sul tetto dell’auto della Polizia - una vettura in dotazione al commissariato del primo ateneo romano, utilizzata per i servizi di controllo interni alla Sapienza, e quindi senza contrassegni- non l’avrebbe danneggiata. Una interpretazione che non piace ai sindacati delle Forze dell’ordine. «Da oggi passa il messaggio che se sei uno studente e sali su un’auto della Polizia con il megafono, incitando i tuoi compagni ad assalire i poliziotti, con un bilancio di 20 feriti, vieni assolto perché il fatto non sussiste», attacca Fabio Conestà, segretario generale del Movimento sindacale autonomo di polizia (Mosap), commentando la pronuncia del tribunale romano. «L’ennesima sentenza che sancisce come aggredire le Forze dell’ordine e trattarle da zerbino sia normale e legittimo. Poi ci meravigliamo di aggressioni in continuo crescendo e del poco rispetto. Fino a quando non ci saranno leggi più incisive, non possiamo sperare in una giustizia giusta».

Il 16 aprile scorso oltre 20 appartenenti alle Forze dell’ordine rimasero feriti a causa degli scontri all’università. In particolare, due poliziotti del reparto mobile riportarono prognosi di 20 e 21 giorni. E la stessa vettura, dalla documentazione fotografica, è comunque risultata danneggiata nella parte posteriore dopo essere stata circondata dai manifestanti filopalestinesi.

 

 

 

Ieri Conestà ha denunciato anche un altro episodio, pure questo non sanzionato, ai danni di un poliziotto. Il riferimento è al caso di un 25enne boliviano cui il giudice di La Spezia ha risparmiato la misura più restrittiva della custodia in carcere. «Ha sferrato un pugno a un poliziotto, colpendolo alla mandibola, con risultato di prognosi di quattro giorni, ma per il giudice il fatto è lieve e dunque niente carcere. L’ennesima decisione che legittima chiunque ad usare violenza contro le Forze dell’ordine», ha attaccato il sindacalista. Tutto ruota intorno all’udienza di convalida del fermo dell’uomo, arrestato per aver usato violenza contro un agente, successivamente all’identificazione dopo una rissa in strada. «Per il giudice, il pugno è stato sferrato dopo le fasi di identificazione “avvenute con successo”, quindi non ha pregiudicato l’operazione di polizia non rendendo necessaria la misura restrittiva».