Mistero infinito

Emanuela Orlandi, l'ultima pista: la bara sparita e il "collezionista di ossa"

Un altro tassello nel giallo infinito di Emanuela Orlandi: dietro la scomparsa della 15enne cittadina del Vaticano, avvenuta il 22 giugno del 1983, potrebbe esserci il "collezionista di ossa", già al centro della sparizione della bara di Katy Skerl. Sullo sfondo, il mistero "gemello" di Mirella Gregori, a tratteggiare la trama a tinte fosche di una Roma degli orrori e dei segreti.

L'anello di congiunzione di queste tra storiacce, ormai cold case della cronaca nera italiana, ci sarebbe Marco Accetti, che come ricorda il Tempo è il fotografo considerato dagli inquirenti un "mitomane" che potrebbe essere il telefonista del caso Orlandi, l'uomo che aveva descritto com'era vestita la Gregori e che dette la notizia della sparizione del sepolcro della Skerl.

 

 

 

La sua posizione nell'indagine su Emanuela è stata archiviata contro il parere dell’allora procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che in una lettera del 2015 inviata al capo Giusepe Pignatone adombrava l'ipotesi che si trattasse di un serial killer, quasi una figura cinematografica. Accetti si era infatti auto-accusato del rapimento della Orlandi e ora sta collaborando alle indagini sulla scomparsa dei resti di Katy Skerl, 17enne romana trovata senza vita il 22 gennaio 1984 a Grottaferrata, pochi mesi dopo i gialli di Mirella (maggio 1983) ed Emanuela.

 

 

 

Secondo il fotografo, le ossa di Katy erano state trafugate nel 2005 e che il suo omicidio era legato alla sorte della più nota Orlandi. Un omicidio, spiegava, su commissione ordinato "da una fazione interna ad ambienti vaticani" per motivi politici, una sorta di rappresaglia, un avvertimento alla Santa Sede in quanto "contraria alla politica eccessivamente anticomunista di Papa Giovanni Paolo II". 

 

 

 

In questo quadro torna un altro tormentone della cronaca romana, quello di Libero Ricci, ex restauratore della Magliana dipendente di una ditta del Vaticano svanito nel nulla il 31 ottobre 2003. Quattro anni dopo il giallo sembrava risolto con il ritrovamento di uno scheletro sulle rive del Tevere in via Pescaglia, perfettamente composto. Le analisi scientifiche però hanno confermato che non si trattava di Ricci e che era invece formato dalle ossa di cinque persone differenti, tre donne e due uomini morti in un arco temporale diverso, tra gli anni Ottanta e l’inizio del Duemila. Una tibia dello scheletro potrebbe essere compatibile con i resti mai più ritrovati della Skerl.