Dieci arresti

Bari, scandalo baby-prostitute: "Squad girls", la foto-choc da cui nasce il caso

Le tre 16enni finite nel giro di prostituzione minorile scoperto dalla Squadra Mobile di Bari non sembravano vivere la loro situazione come un "bieco sfruttamento", piuttosto come un modo facile facile per fare soldi e permettersi una altrimenti inaccessibile "bella vita". 

L'inchiesta ha portato a dieci arresti: si tratta di 4 donne e 6 uomini, tra cui un 29enne barese ritenuto il capo degli sfruttatori. Coinvolti anche degli insospettabili, un imprenditore e un avvocato. Due clienti avrebbero saputo della minore età delle baby-squillo, ma avrebbero accettato tranquillamente di pagare anche alcune centinaia di euro pur di approfittare di loro. 

Una delle prove-chiave sono quattro screen-shot dalle storie sul social network Instagram di una delle ragazze 16enni, consegnati dalla mamma della minorenne agli agenti della Squadra Mobile dopo aver sporto denuncia il 23 marzo 2022. In uno dei quattro screen-shot si vedevano "cinque ragazze su un letto mentre stavano consumando una pizza in una struttura ricettiva a Monopoli". 

Sulla storia era presente la scritta "Squad girls" ("ragazze della squadra"), ammiccamento alla loro attività di prostituzione. In altre foto si vedono mani femminili che impugnano "banconote da 50 euro e una carta di credito". 

"La chiave di lettura di questa vicenda è sempre quella della prospettiva di facili guadagni per ragazze che spesso non hanno gli anticorpi per impedire di essere veicolati da amicizie sbagliate all'interno di meccanismi perversi gestiti da persone senza scrupoli", ha spiegato il procuratore aggiunto di Bari Ciro Angelillis. Le tre 16enni coinvolte sarebbero state "impiegate come segretarie": "In questi casi è chiaro che la questione penale si intreccia a quella sociale. Non si può non rilevare come i social network spesso costituiscano una vetrina di questo mercato del sesso" e che sono "sempre più complicati da controllare da parte di famiglie ed educatori in generale", ha spiegato il magistrato.

"Il giro d'affari lo possiamo solo intuire, parliamo di prestazioni con tariffe di 100-150 euro" a cui si aggiungono "le percentuali - ha continuato il procuratore aggiunto - che andavano a chi ospitava questo tipo di incontri. Non parliamo di cifre esorbitanti e questo purtroppo è un'aggravante". Con i proventi derivati dalla loro prostituzione, le ragazzine acquistavano abiti e borse di lusso e pagavano cene in ristoranti esclusivi.