Il commento
Caso Cecchettin, Formigoni: "Nei giovani manca l'educazione all'amore"
Ha colpito noi tutti il tragico episodio dell’assassinio di Giulia Cecchettin, la ragazza ventiduenne vicina alla laurea, da parte dell’ex fidanzato Filippo Turetta. Un omicidio compiuto con crudeltà ed efferatezza, visto che Giulia è stata ammazzata con più di venti coltellate, ha vissuto per mezz’ora una terribile agonia ed è stata poi scaraventata in un dirupo senza alcuna pietà. È subito partita la battaglia ideologica sulle cause di simili delitti, e si è cercato di indicare nel “patriarcato” che ancora vivrebbe nel nostro Paese la causa fondamentale. Patriarcato eguale famiglia tradizionale, eguale presenza di un’autorità familiare esercitata dall’uomo, e violenza sulle donne costrette alla sottomissione: è questa l’equazione sostenuta da chi, alla fine di questo percorso strampalato, indica nella cultura del governo di centrodestra il responsabile ultimo di quanto accaduto.
Patriarcato? Ammesso e non concesso che la famiglia patriarcale sia quella descritta sopra, in Italia la famiglia patriarcale è letteralmente scomparsa da quasi un secolo, semmai sopravvive in alcune fasce di immigrati soprattutto musulmani: ricordiamo l’uccisione di Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa dai genitori e familiari a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, perché voleva vivere e vestirsi da occidentale. Ma altrettanto significativo è confrontare i dati italiani con quelli degli altri paesi europei, soprattutto nordici, che certamente non possono essere accusati di aver coltivato il “patriarcato”.
Bene, scopriamo che al primo posto quanto a omicidi di donne si situa la Lettonia, con 4,12 donne uccise per 100mila abitanti nel 2018, seguita da 25 paesi dell’UE in una classifica che vede l’Italia al 26º posto, con 0,43 donne uccise per 100mila abitanti. Io penso che una causa più vera sia il degrado dei rapporti interpersonali cui assistiamo da tempo, e la banalizzazione dei rapporti sessuali. Questi sono ormai visti come sganciati dalla prospettiva di un’unione stabile, come puro godimento temporaneo, come possesso dell’altra persona, che ovviamente si considera sia dovuto. E quando l’altra dice no, scatta la reazione violenta di chi si vede sottratto qualcosa che ritiene suo. Io penso che quello che manca sia un’educazione all’amore, che è desiderio ma nel rispetto della libertà altrui, e non è mai pretesa di possesso perchè è dono. Si può amare così? Risuonano le parole del padre di Giulia: «L’amore vero non umilia, non delude, non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore. L’amore vero non picchia, non urla, non uccide». Questo andrebbe insegnato.