La piazza
Non una di meno, perché non vado a una manifestazione che si schiera con Gaza
Ero intenzionato a partecipare alla manifestazione indetta per oggi contro il femminicidio indipendentemente dal femminismo estremista che la caratterizza con generalizzazioni sopra le righe delle responsabilità maschili e con una visione unilaterale della situazione italiana smentita dai dati sulle percentuali europee di femminicidio che vedono ai primi posti la Svezia e i Paesi Baltici e che quindi mettono in evidenza che la questione è più complessa e difficile di quello che stanno spiegando in televisione Fonte, Aprile e Viola.
Comunque ero pronto a mettere da parte queste valutazioni ritenendole marginali rispetto a cifre di una estrema gravità (83 donne uccise proprio per femminicidio) e anche di fronte alle carenze che stanno emergendo nella vicenda di Giulia Cecchettin per ciò che riguarda il comportamento della locale stazione dei carabinieri: leggere la dizione “allontanamento volontario” dopo l’allarme dato da uno o due testimoni è francamente agghiacciante.
Anzi su questo punto siccome ritengo che la definizione di patriarcato è una mezza idiozia ma che invece il maschilismo esiste dovunque, tra giovani e anziani e nella mia esperienza personale l’ho trovato anche in dosi equamente distribuite sia in partiti di destra che in quelli di sinistra, allora, poiché su questa vicenda la prevenzione è fondamentale, non da oggi il sottoscritto sostiene una tesi estremista sul tema: a mio avviso dovrebbero essere costituiti dei “corpi speciali” di sole donne sia dalla polizia che dai carabinieri perché solo esse possono avere rispetto ai loro colleghi la sensibilità e la prontezza di intervenire quando ricevono le denunce, in caso diverso ci troviamo di fronte alla burocratizzazione del tema tipo appunto “allontanamento volontario” con le conseguenze disastrose che vediamo non solo in questo caso ma in molti altri casi.
Ciò detto, però, successivamente ho letto tutto il testo di convocazione della manifestazione indetta da “Non Una Di Meno” e ne ho tratto la conseguenza di non partecipare prescindendo da ciò che di esso condivido e non condivido a proposito del tema del femminicidio. Infatti il testo si allarga fino a prendere posizione sul dramma israeliano-palestinese. E lo fa assumendo una posizione nettamente anti israeliana. In un documento stilato da femministe non solo non leggiamo una parola su Hamas e sulla strage perpetrata il 7 ottobre ma neanche una condanna degli stupri perpetrati sulle donne israeliane dai terroristi di Hamas ma anche da gruppi di palestinesi sopravvenuti in un secondo tempo, come è risultato chiaramente dalle immagini. Consigliamo a tutti la lettura del testo pubblicato giovedì da Repubblica di Tamar Herzich dal titolo “Quel silenzio sugli stupri”: è un testo agghiacciante mentre tacciamo per pudore sulle foto che sono girate.
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Per queste ragioni mi guarderò bene dal partecipare alla manifestazione del 29 novembre perché essa è indetta con un testo che contiene una ignobile manipolazione proprio su uno dei crimini più abbietti che, in parallelo col femminicidio, è stato praticato proprio nella giornata fatidica del 7 ottobre. Francamente, che un testo stilato da femministe a proposito della gravissima vicenda costituita dal femminicidio di ben 83 donne in Italia nel corso di quest’anno, che si sofferma anche sul dramma israeliano palestinese e che a questo proposito tace sull’assassinio e sugli stupri di donne israeliane avvenuti il 7 ottobre, è del tutto inaccettabile per il suo sostanziale antisemitismo.