Basta un morso

Ragazzo in ospedale per la sfida della patatina piccante: indaga il ministero

Stanno indagando i carabinieri del Nas, il Nucleo antisofisticazione e sanità dell’Arma. Stanno cercando di capire se questa patatina iper piccante, ne assaggi un morso e (dicono) ti senti bruciare anche le budella, questo prodotto confezionato e inscatolato e venduto tranquillamente anche su internet, nove euro e novanta centesimi a spulciare attentamente sui vari siti web, oppure qualche spiccio in più a fermarsi alla prima schermata, ecco, stanno decidendo, i Nas, se questa ultima, stupida, moda delle sfide dei social, possa rappresentare un problema per la salute oppure no.

Hot chip challenge” (che tradotto dall’inglese significa, appunto: sfida della patatina piccante): è un andazzo che, da qualche tempo, circola nel maremagnum del www, ne stacchi un pezzettino, lo mangi, e vince chi resiste di più senza bere acqua o tamponare il calore con la mollica di pane o trangugiare una bottiglia di latte per non sentire le fiamme che scendono sulla gola. Diciamocelo subito, anche senza aspettare il rapporto dei Nas: tanto intelligente, come “duello virtuale”, non è.

 

 

L’ESPOSTO - E, d’accordo, denunce formali o segnalazioni depositate in questura, al momento non ce ne sono. Però c’è un esposto dell’Unc, l’Unione nazionale dei consumatori, e la testimonianza di un influencer, un tiktoker, Diego Simili, che l’ha provata ed è finito addirittura in ospedale (poi ci arriviamo). Per questo il ministero della Sanità, quello guidato dal ministro Orazio Schillaci, vuole vederci chiaro. Per questo i Nas, adesso, probabilmente nel giro di una settimana stileranno un’analisi dettagliata e precisa, stanno approfondendo e analizzando e studiando la “Hot chip challenge” su due fronti.

Il primo, quello della salute: fa male sul serio oppure no, ’sta benedetta (per modo di dire) patatina ultra piccante? Il secondo, quello della sua commercializzazione: perché la produce un’azienda Ceca, quindi una ditta europea, e non si limita a metterla sul mercato vada-come-vada, no. La promuove esattamente per quella che è, vale a dire una sfida, invitando (sul suo portale web) persino a realizzare un piccolo video al momento del consumo, il migliore si becca un telefonino come premio. 

E dire che dietro, sul retro della confezione, è scritto papale: «Prodotto non destinato ai bambini». Oppure: «Il consumo è a tuo rischio» (e pericolo). Eppure sta spopolando. Mica solo in Italia.  (Aperta parentesi: nel Massachusetts, cioè negli Stati Uniti, a maggio, un ragazzino di quattordici anni è morto dopo aver ingerito una patatina simile. è m-o-r-t-o. Chiusa parentesi).

 

 

RISCHI - La “Hot chip challenge” viene venduta liberamente, dice invece l’Unc, il che significa che la possono acquistare anche i minori: ma allora «rappresenta un rischio diretto o indiretto per la salute umana?». E ancora: «è conforme ai requisiti generali della legislazione alimentare, anche in materia di etichettatura? La sua pratica commerciale è corretta?». Quello che si sa, al momento, è che la patatina-più-piccante-del-mondo è composta da due tipi di peperoncino che sono già entrati nel Guinness dei primati per le loro proprietà “incendiarie”: il Carolina reaper e il Trinidad scorpion.

«Sono finito in ospedale dopo averla mangiata», racconta sul suo profilo TikTok Diego Simili, 23 anni e centinaia di migliaia di followers: «All’inizio andava tutto bene, poi ho iniziato a stare malissimo». Sorpresa, tra i suoi follower c’è chi ha fatto la stessa esperienza. Come un utente che risponde, sempre via social: «Quando l’ho assaggiata mi sono messo a piangere, mi è uscito il sangue dal naso e sono stato più di trenta minuti sotto l’acqua. Mai più».
Ecco, ragazzi, mai più.

Non è neanche il caso di provare per-vedere-di-nascosto-l’effetto-che-fa. Credete a noi, non serve attendere il responso dei Nas: è meglio non rischiare. Che, tra l’altro, che sapore vuoi che abbia? E poi, a che pro? Quello di una smargiassata su Instagram? Non ne vale la pena.

LE ALTRE SFIDE - Però attenzione. Perché la “Hot chip challenge” è solo l’ultima di una (quasi infinita) serie di sfide simili. Smanetti su internet e ti accorgi che ci sono quelli che gareggiano a colpi di banana e gazzosa (nel senso: mangiano due o tre banane, bevono mezza bottiglia di aranciata, e cronometrano quanto tempo impiegano a vomitare, chi resiste di più vince) o di galloni di latte (ingurgitano quattro o cinque litri di parzialmente scremato e il vincitore è quello che va per ultimo al gabinetto) o di “food challenge” (ossia competono sulla quantità, modello La grande Abbuffata, quintali di hamburger, vagonate di patatine fritte, pentolate di pasta al pomodoro e qualunque cosa venga loro in mente, purché sia tanta, da scoppiare: vince, ovvio, chi riesce a mandar giù quel boccone in più). Siamo onesti, tutto questo non c’entra niente né con le bravate da ragazzini (siam stati tutti giovani e di stupidate ne abbiamo fatte tutti, però c’è un limite anche all’idiozia) né con la cultura del cibo che è altra cosa e, di certo, non va a finire con una corsa al pronto soccorso e una lavanda gastrica.