Terreno fertile

Terrorismo, scantinati e capannoni abusivi: dove proliferano i terroristi in Lombardia

Massimo Sanvito

Il terreno è fertile tra Milano e il suo hinterland. Periferie multietniche dove l’arabo ha soppiantato di gran lunga l’italiano, palazzoni popolari dove l’abusivismo galoppa di pari passo col proselitismo, moschee regolari e abusive dove le autorità spirituali mischiano politica e religione. Gli ultimi arresti di due terroristi egiziani affiliati all’Isis, pescati dalla Digos alle porte della metropoli, stupiscono solo chi continua a fingere di non vedere. Ed è in questo brodo di coltura in salsa meneghina che proliferano lupi non troppo solitari. Un retroterra ideologico che è la base perfetta per il fondamentalismo islamico che si annida nei quartieri. Pronto a mordere cristiani ed ebrei come un serpente velenoso.

E così mentre l’imam di Segrate, in diretta tv, si rifiuta di prendere le distanze da Hamas, ecco che quaranta bambini israeliani decapitati e bruciati nel kibbutz di Kfar Aza e 250 giovani trucidati dai miliziani islamici nel deserto al confine con Gaza mentre ballavano musica elettronica vengono bollati come «fake news» dalla milanese Moschea Mariam di via Padova 366. È uno dei quattro luoghi di culto islamici, quello di via Padova 366, regolarizzati dal Comune di Milano dopo annidi abusivismo. Una comunità che è stata legata alla figura controversa di Usama El Santawy, l’imam che considerava come jihad legittimo la partecipazione al conflitto siriano e che in un’intervista aveva dichiarato: «Nel Corano c’è scritto che la guerra è odiata dall’uomo, ma che a volte è costretto a farla». Il civico 366 di via Padova era frequentato anche da Issam Shalabi, un terrorista legato all’Isis arrestato a Milano nel novembre del 2018. Pronto al martirio. Egiziano, irregolare in Italia, era in contatto diretto coi vertici dello Stato Islamico e pregava anche alla Casa della Cultura Musulmana, sempre in via Padova (civico 144), l’associazione che di recente ha vinto il bando per la realizzazione della nuova grande moschea che nello stesso quartiere (in via Esterle, ndr), attrarrà a Milano almeno 3500 fedeli da tutta la Lombardia.

 

 

 

Ma ci sono anche le moschee ufficiali di via Maderna e via Quaranta e via Gonin. La prima è gestita dall’associazione turca Milli Gorus, che nel 2013 ha spianato la strada al potere in patria al sultano Erdogan: inserita in una black list del governo tedesco, quattro anni dopo il movimento ha ospitato la Costituente islamica sponsorizzata dai Piccardo. Via Quaranta, invece, agli inizi del 2000 veniva indicata come una delle possibili retrovie di Bin Laden. Lì, ma anche in via Jenner (il cui imam, al termine del sermone di venerdì scorso, ha chiamato a raccolta i musulmani per la manifestazione di piazza coi centri sociali), tra il 2001 e il 2003 predicava Abu Omar, secondo i giudici uno dei principali punti di riferimento in Lombardia di Ansar Al Islam, costola di Al Qaeda.

Tra Milano e provincia sono almeno 25 le moschee riconosciute o meno. Gran parte delle quali nascoste in scantinati o capannoni che non rispettano le più minime norme di sicurezza. Per esempio quella di via Carissimi, gestita dall’associazione bengalese Al Nur, ovvero “La luce”, di chiaro orientamento sunnita. «Il covid è una cosa di Allah, una cosa positiva perché la gente sta impazzendo». È il 27 marzo del 2020, il coronavirus miete vittime in tutto il Nord Italia e i Carabinieri intercettano Nicola Ferrara, 38 anni, conosciuto come Issa, e assiduo frequentatore del luogo. Verrà poi arrestato per apologia e istigazione all’adesione all’Isis.

 

 

 

Dai sunniti agli sciiti: nel Centro Culturale Ima Ali di via Valsolda è stato celebrato come «martire» Qasem Soleimani, ucciso «dai nemici dell’Islam, gli Stati Uniti e il sionismo internazionale». Soleimani era il capo della Niru-ye Qods, la Brigata Santa, l’unità delle Guardie della Rivoluzione col compito di diffondere l’ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamica. Per i vertici del centro culturale, però, Soleimani era «un autentico mistico», non certo un terrorista. E come dimenticare Ahmed Elbadry Elbasiouny Aboualy, l’imam egiziano attivo in alcune moschee abusive di Milano, espulso nel 2018 perché indottrinava al martirio i bambini. Secondo i report del Viminale intratteneva rapporti pericolosi con Mohamed Game, il libico che nel 2010 aveva tentato di farsi esplodere davanti alla caserma milanese di Santa Barbara. Nulla accade mai per caso: è per questo che indifferenza e buonismo sono i migliori alleati dei fanatici.