Nera
Alberto Scagni, 24 anni per l'omicidio della sorella. I genitori: "Processo contro di moi"
La Corte d’assise di Genova ha riconosciuto la seminfermità mentale di Alberto Scagni, colpevole di aver ucciso la sorella Alice con 24 coltellate il primo maggio del 2022. L’intero processo si basava sulla capacità di intendere e volere del 43enne al momento del delitto: per i genitori e il marito della sorella era totale, ma il giudice ha accolto le valutazioni del perito e deciso di condannare Alberto Scagni a 24 anni e 6 mesi anziché all’ergastolo. Inoltre dopo aver scontato la pena dovrà trascorrere tre anni all’interno di un Rems, mentre è stata riconosciuta una provvisionale di 200mila euro al figlio di due anni di Alice e di 100mila euro al marito.
“Non è stata ricercata la verità - hanno dichiarato i genitori Graziano Scagni e Antonella Zarri - adesso guardiamo le motivazioni. Noi ragioniamo su ciò che abbiamo visto e sentito nel processo e per noi non è stato un processo sano, non siamo nemmeno stati ascoltati”. Il padre è particolarmente deluso anche con le istituzioni: “Aspettiamo che sia perso? Che abbia 90 anni per curarlo? Non è stato un processo sereno. Il pm che mi ha portato come testimone non mi ha nemmeno interrogato durante il processo perché aveva paura che parlassi delle mancanze delle istituzioni”. Dopo l’omicidio i genitori hanno denunciato la dottoressa del centro di salute mentale della Asl3 e gli agenti che il primo maggio ricevettero le telefonate del padre di Alberto, senza però mandare le volanti.
La procura ha chiesto l’archiviazione per questo fascicolo ma i genitori si sono opposti e attendono che venga fissata un’udienza per la discussione. “Questo è stato un processo contro di noi - hanno dichiarato prima della lettura della sentenza - non si sono voluti ascoltare tutti i testimoni. Un complotto? È una formula che accennate voi, non ci pronunciamo... Non ci può essere giustizia dopo un processo del genere. Di sicuro c'è un pregiudizio. In questa vicenda abbiamo visto periti che hanno lavorato con scienza e coscienza, altri manovrati e per convenienza. Si sta ricostruendo una verità parziale, non si sono volute ascoltare tutte le persone. E vogliamo dire una cosa, anche se può sembrare provocatoria: grazie giustizia italiana, grazie 112”.