Politica e cultura

Caso Greco, nei musei chi funziona deve restare: il punto sulla polemica

Luca Beatrice

Il “caso Greco” mette ancora una volta in risalto lo strano o comunque non risolto rapporto tra cultura e politica, quando si guarda a destra. Inutile ribadire che a sinistra sono più abituati, e con estrema disinvoltura, a manovrare questo materiale, così come dalle nostre parti resta ancora vivo un certo imbarazzo a intervenire quando invece si dovrebbe (per decenni ho sentito politici di centro destra disinteressarsi di cultura in quanto non la ritenevano strategica né tantomeno un serbatoio di voti). Ora i tempi sono cambiati, la nuova dirigenza ha capito che non si ha egemonia politica senza egemonia culturale e prova a dire la sua. Cosa che è nel suo pieno diritto, e quando si leggono giornali tutti uguali o ricevi richieste di firme per appelli unilaterali, beh il desiderio di voltare pagina cresce irresistibilmente.

Ciò che però si deve imparare a fare, per accreditarsi in un mondo che ci vuole meno dei migranti a Lampedusa, è innanzitutto evitare le intemerate fuori luogo e gli strilli estemporanei. Bisogna imparare a essere precisi, lucidi, chirurgici, individuare l’obiettivo giusto e agire di conseguenza. Bisogna avocare a noi il discrimine del merito, differenziandoci da quelli che hanno occupato poltrone politiche per decenni, inamovibili, indiscutibili. Questo governo ha commesso la prima “eresia” sostituendo Giovanna Melandri con Alessandro Giuli, e la scelta sta pagando perché il Maxxi si sta trasformando in un museo democratico e aperto mentre prima era inteso come espressione unica del presidente.

 

Potrebbe essere anche il Salone del libro con Annalena Benini al posto di Nicola Lagioia, però attendiamo le sue scelte in merito ai consulenti per capire se effettivamente sarà accaduto qualcosa. Pietrangelo Buttafuoco è in pectore il prossimo presidente della Biennale di Venezia e tra poco toccherà ai nuovi direttori dei musei di Stato. Sono prove che cambiare si può, agendo con intelligenza.

Se però un luogo di cultura funziona, e funziona bene, bisogna lasciar lavorare le persone, perché la cultura è innanzitutto un bene pubblico. Fermo restando che ognuno può dire ciò che vuole ed esprimere un’opinione senza timore di venir censurato dallo tsunami della stampa asservita ai poteri forti, ribadisco ancora una volta il concetto: Christian Greco non l’avrei toccato perché è bravo, ha raggiunto gli obiettivi, è concentrato sulle celebrazioni del bicentenario. Inoltre, l’episodio che gli si rimprovera è accaduto tanto tempo fa, semmai fosse stato reato è comunque da prescrizione. Visto che lo “scandalo” è partito da Torino, sarebbe stato molto più interessante puntare il dito verso il Castello di Rivoli, museo costosissimo e vuotissimo, con una direzione inefficace da dieci anni, destinato a proseguire sulla stessa strada senza che la Regione Piemonte dica nulla tranne pagare. Oppure verso la Gam, di cui si è appena chiuso il bando pare con pochissime adesioni e per la quale non si riesce a fermare il declino. Oppure, girando per l’Italia, la caduta inesorabile del Centro Pecci a Prato, inno allo spreco e alla malagestione; Palazzo Riso a Palermo, uscito completamente dai radar dopo anni di visibilità, e sempre a Palermo Palazzo Abatellis, che ospita una collezione meravigliosa allestita da Carlo Scarpa ma che versa in condizioni tristi e sale chiuse. 

E il più clamoroso di tutti, la Galleria Nazionale di Roma, prima collezione italiana a livello di importanza presentata senza ordine, dove non si fanno più mostre e se si pensa al glorioso passato c’è proprio da piangere. Sono questi, tra i tanti, i luoghi dove l’intervento è urgente e non più rimandabile. La politica può fare molto, si muova con un semplice criterio: scegliere i migliori, che almeno non siano gli stessi che ci hanno sempre gettato palta addosso.