Davanti al super

Bari, auto ibrida prende fuoco: un morto, chi c'era a bordo

Claudia Osmetti

Si sarebbe incendiata da sola, per un malfunzionamento o un cortocircuito, la citycar (elettrica) di un uomo di 59 anni, originario di Matera, in Basilicata, pure addetto da alcune disabilità, che è stato trovato carbonizzato nel parcheggio davanti al centro commerciale Mongolfiera di Bari, in Puglia. Un doppio giallo: prima perché è stato difficile anche solo rintracciare l’identità della vittima, viste le poche informazioni e (soprattutto) i risicati elementi rimasti in quell’ammasso di cenere sul marciapiede; e secondo perché, adesso, la priorità è capire cosa sia effettivamente successo. Cosa abbia innescato lo scoppio, l’incendio. Sulla scrivania del pm Michele Ruggero, infatti, è aperto un fascicolo “a modello 45”, che nel gergo delle forze dell’ordine significa un fatto non costituente notizia di reato: perché la magistratura pare abbia già accontento sia l’ipotesi del suicidio che quella dell’omicidio, perché per adesso la pista più accreditata sembra essere proprio quella del malfunzionamento. Della citycar o di una parte di essa, considerando persino che lui, il 59enne, di modifiche a quella vettura elettrica ne aveva apportate parecchie.

 

 


SU MISURA Tanto per cominciare, come riporta la stampa locale, sì, l’auto era catalogata come elettrica, però aveva anche il motore a scoppio (il che è a tutti gli effetti un’anomalia). Poi disponeva di diversi pannelli solari, montati sopra il tettuccio, e di alcune batterie “di riserva”, probabilmente con lo scopo di aumentarne le prestazioni, quantomeno in termini di tempo. L’allarme è scattato, nella notte di domenica, quando un vigilantes notturno si è accorto delle fiamme che si alzavano dal veicolo, ma non c’era già più niente da fare. I pompieri, le ambulanze, la polizia, le sirene spiegate: l’abitacolo era già completamente distrutto, l’uomo deceduto. Stando alle indiscrezioni, il lucano era stato, in passato, fermato per dei controlli, sempre a bordo di quella “strana” macchina elettrica, da parte della squadra Volanti della questura barese. Nessuna irregolarità, nonostante quegli “aggiustamenti” fatti maniera artigianale, e non era stato necessario procedere con ulteriori accertamenti.

 


Cominciano a diventare parecchi, tuttavia, gli incidenti (non nel senso di sinistri) con le auto elettriche. Gli scoppi, le detonazioni, i danni e (purtroppo) anche le vittime. Un mese fa Treviso, una Renault Zoe del 2020, fresca fresca di immatricolazione, quindi, circa tre annidi strada, parcheggiata nel garage sotto la casa del suo proprietario e neanche messa sotto carica, è esplosa mandando in frantumi il box di una villetta, distruggendo una seconda macchina parcheggiata lì accanto, creando un blackout che ha interessato mezzo quartiere perché è andata in tilt una centralina e devastando l’abitazione che è pure stata dichiarata inagibile. Era l’una e un quarto di notte, era buio, era metà giugno: e gli abitanti della zona si sono trovati in mezzo a un piccolo inferno, con il fuoco che si alzava sull’oscurità, un boato che li ha buttati giù dal letto e lo spavento che (comprensibilmente) ne è conseguito. Ma la vicenda più grave (avvenuta, ironia della sorte, più o meno negli stessi giorni: era il 23 giugno scorso) è quella di Maria Vittoria Prati. Ricercatrice 66enne del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche, Prati, quel dannato venerdì del mese passato, era alla guida di un’auto prototipo sulla tangenziale di Napoli, in Campania, quando improvvisamente il mezzo è esploso e lei è finita, d’urgenza, all’ospedale per le gravi ustioni riportate: è morta qualche giorno dopo, al Centro grandi ustioni del nosocomio partenopeo Cardarelli, dove (tra l’altro) è stato ricoverato in gravi condizioni anche Fulvio Filace, uno studente dell’università Federico II e tirocinante al Cnr, che aveva intrapreso quel viaggio con lei. Sull’episodio il Cnr ha avviato un’indagine interna, ma quel che è certo è che la macchina di Prati appartenesse a un progetto di ricerca europea sulla ibridazzazione dei motori da rottamare e, proprio per questo motivo, prevedeva un funzionamento misto, sia a benzina che a energia solare.