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Caso La Russa, gli "strani video" dell'accusatrice? Toh, su Repubblica...
Ieri La Repubblica riprende con un articolo l’indiscrezione sui video di TikTok (che proprio Libero, il giorno prima, aveva raccontato) presenti sul profilo di G., la ragazza che ha denunciato Leonardo Apache La Russa di stupro. La riprende però a modo suo, parlando di «pastasciutte a mezzanotte» e di scene di lei che non ritrova le sigarette nel letto, quando sarebbe stato molto più opportuno parlare di quante volte apparisse con sigarette (o altro?) in mano, fumando di fronte alla telecamera, o dei riferimenti plurimi nei confronti della cocaina, ma forse non faceva il gioco della testata.
Sorge spontaneo chiedersi però perché, se anche loro potevano visualizzare di quel profilo, non hanno informato a dovere i loro lettori? E, soprattutto, perché sottolineano che quei video «non possono essere un alibi per nessuno». Ma il discorso che fa Repubblica è quello di spogliarsi di ogni moralismo, ripetendo la frase che il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha pronunciato riguardo G. dicendo che «aveva assunto cocaina prima».
Il pezzo scivola poi inevitabilmente sul concetto di «vittimizzazione secondaria», sottolineando come chi si indigni osi faccia delle domande davanti a questi video non faccia altro che rendere la vittima due volte tale e che «la colpa viene data sempre in qualche modo alla donna, soprattutto quando da una parte c’è un maschio belloccio o famoso e dall’altra una ragazza che beve troppo, che si mostra troppo, che usa pillole come caramelle. Comportamenti che dovrebbero essere presi solo per quello che sono: segno di una fragilità».
Ecco, secondo questo ragionamento abbiamo un’intera gioventù fragile, perché il consumo di cannabis è aumentato in modo esponenziale, quello di benzodiazepine con e senza prescrizione medica anche, lo sballo del fine settimana non manca mai: e allora che cosa dobbiamo fare? Dare ai giovani una carezza, portarli dall’amato psicanalista della sinistra che cercherà le radici del loro drogarsi in qualche errore che ha fatto duecento anni fa da uno dei loro genitori? O vogliamo educarli alla responsabilità, spiegando loro che cosa possono incontrare lì fuori e che drogarsi a giorni alterni non è la normalità?
Con questa retorica del voler “normalizzare” tutto avremo una generazione di tossici che non si sentiranno colpevoli o responsabili per aver superato i limiti in modo reiterato. Mi domando poi dove sia la vittimizzazione, se sono stati raccontati dei fatti fedeli alla realtà che hanno dato la possibilità, da parte di una stampa libera, di avere un minimo di informazioni anche sulla presunta vittima. Sul figlio di La Russa si può dire tutto, si possono tirar fuori suoi video vecchi cercando del marcio, sul padre si può dire la qualunque, ma su di lei no, bisogna tacere.