La grande paura

Mediterraneo, incubo sulle coste italiane: cosa è stato avvistato

Luca Puccini

Che hai voglia a ripetere non-è-un-evento-così-raro, oppure non-facciamoci-prendere-dalla-psicosi. Sì, d’accordo: non è mica il film di Spielberg. Però non è neanche così tranquillizzante che te ne stai lì, a bagnomaria in mezzo al Mediterraneo, a due passi dalla costa di Messina o di Livorno o di Cagliari, dove fino a qualche anno fa il massimo del pericolo che potevi correre era di mettere un piede su un riccio o di urtare una medusa, entrambe due esperienze da non fare, e invece vedi la pinna di uno squalo che ti gira attorno. Ti prende un colpo. E se lui non t’azzanna (per la cronaca, finora non ha azzannato nessuno), rischi di rimanerci secco per la paura. Si moltiplicano gli avvistamenti dei “bestioni del mare” nelle nostre acque. In pochi giorni (quelli in cui ha cominciato a far caldo) ne son già stati notati quattro, e solo in Sicilia. La verdesca a Santa Flavia, vicino a Palermo (qualche turista l’ha pure immortalata in un video che ha fatto il giro del web) e lo squalo azzurro davanti alla spiaggia Oliveri di Messina. Oppure l’esemplare sul litorale di Casteldaccia, ancora nel palermitano; e lo squalo martello che se ne stava beato per i fatti suoi al largo di Catania.

 

 

 

Poi sali un po’ più su, diciamo in Sardegna, e a Cagliari c’è chi ha visto uno squalo bianco di tre metri (alla faccia); un altro ha fatto capolino a Pesaro; un altro ancora a Livorno (e anche questo è finito in un video virale). Diciamocelo subito: lo squalo azzurro, nel Mediterraneo, mica è una novità. E nonostante la sua fama, complice anche quel film di Spielberg, raramente attacca gli esseri umani: in tutto il mondo le aggressioni segnalate sono pochissime e sempre in mare aperto. Però certo, ritrovarselo a fianco mentre uno va di crawl o di dorso, magari anche mezzo rilassato perché è in vacanza, fa poco piacere.

Il timore c’è sempre. E c’è anche qualcosa in più perché oramai si contano altre specie di pesci pericolosi che si stanno diffondendo sui nostri fondali. «Il Mediterraneo si sta riscaldando di 0,11 gradi ogni decade», spiega, per esempio, Ernesto Azzurro, che è un ricercatore dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie Marie del Cnr, «sembra poco, ma in realtà è tantissimo. Un valore simile basta a provocare morie di massa tra i pesci tradizionali e a portarne altre con affinità tropicale». Come il pesce scorpione, che fino a qualche anno fa spinnettava il canale di Suez e adesso, invece, l’hanno trovato in Calabria. Due volte (la prima nel Crotonese e la seconda a Marina di Gioiosa Ionica: e, perla cronaca, nel 2016 era già stato avvistato in Sicilia e poi in Puglia). È tutto colorato, pare uscito dal cartone della Sirenetta, ‘sto benedetto scorpione acquatico, ma i suoi aculei sono velenosissimi e letali. Bazzica per lo più i fondali (ma non solo) quindi il pericolo, semmai, è per i sub e per chi fa immersioni: ma è meglio tenerlo a mente.

Esattamente come è meglio tenere a mente anche il pesce coniglio (che a discapito del suo nome “pacifico” ha un dorso capace di iniettare del veleno) e il pesce palla maculato (che ti manda al camposanto solo le mangi). Il surriscaldamento delle acque è un fenomeno serio, al punto che il Cnr ha lanciato una campagna social che si chiama Attenti a quei quattro per racimolare tutte le segnalazioni possibili di queste specie “aliene” (nel senso che non sono autoctone del Mediterraneo) e che potrebbero diventare un problema. E pure un problema grave. Esiste un numero di Whatsapp (è il 320/4365210) e un gruppo Facebook. Il pesce scorpione è un tipo sedentario, si sposta poco, ma le sue spine gli servono per difendersi e potrebbe rappresentare un rischio (anzitutto) per la biodiversità marina. Tra l’altro, il veleno di cui è dotato rimane attivo persino dopo la sua morte, per un paio di giorni, per cui conviene non toccarlo nemmeno per sbaglio.