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TheBorderline, dove sono andati due youtuber dopo l'incidente

Simona Pletto
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Matteo Di Pietro potrebbe essere in Spagna, Vito Loiacono in Turchia. Mentre le indagini proseguono, i due youtuber del collettivo TheBorderline coinvolti nell’incidente che a Casal Palocco (Roma) ha ucciso Manuel Proietti, un bimbo di 5 anni, avrebbero quindi lasciato l’Italia. L’avvocato Francesco Consalvi, che assiste Di Pietro, il 20enne che era alla guida del Suv Lamborghini che si è scontrato contro la Smart su cui viaggiava la piccola vittima, insieme alla madre e alla sorellina di 3 anni, smentisce la notizia. «Non è in Spagna», premette il legale. «Il ragazzo è comunque a disposizione dell’autorità giudiziaria e verrà sentito nei prossimi giorni». L’amico Loiacono era invece tra i passeggeri. Anche ui, come Di Pietro, a seguito dell’incidente mortale avrebbe subìto minacce e pressioni. Da qui l’ipotetica “fuga”.

LE TEMPISTICHE - Intanto monta la polemica perla scelta degli inquirenti di non aver ancora applicato misure cautelari nei confronti di Di Pietro, indagato per omicidio stradale e lesioni e risultato positivo ai cannabinoidi dopo l’incidente. «Se fosse stato drogato come dicono», replica il suo legale, «lo avrebbero arrestato, no?». Ora è stato richiesto un secondo narcotest: non è chiaro se avesse assunto cannabis prima di mettersi alla guida oppure un po’ più indietro nel tempo. Ma anche su questo punto l’avvocato Consalvi non ha dubbi. «Positivo ai cannabinoidi non significa nulla. Dico questo perché Di Pietro è risultato negativo all’esame neurologico».

 

 

E in effetti, ai fini della configurabilità del reato (di cui all’art. 187 cod. strada), non è sufficiente che il conducente si sia posto alla guida del veicolo dopo aver assunto droghe (occorrerà verificare quantitativo, tipologia e tempi) ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione. «Vorrei anche precisare», continua il difensore, che si è detto stupìto di tanto clamore mediatico, «che il mio assistito non era affatto al volante da ore, come si è detto per una sfida, bensì da appena 15 minuti. Inoltre, 100 metri prima c’era una rotonda e aveva rallentato...».

Poi c’è il giallo delle immagini contenute in una scheda Sd che sarebbe sparita. Quel video non si trova. Eppure potrebbe essere decisivo, in quanto quell’apparecchio rinvenuto sotto al sedile della supercar sarebbe stato posizionato come sempre in occasione delle altre challenge di resistenza in auto per 50 ore pubblicate sul profilo dei TheBorderline su YouTube, ovvero puntata sul cruscotto, per riprendere la strada. Ma c’è anche una consulenza cinematica pronta a partire: dovrà chiarire a quale velocità fosse lanciata la Lamborghini guidata dal ventenne Matteo Di Pietro. Al momento si ipotizza più di 100 chilometri orari (la Urus è capace di toccarli in meno di 3 secondi e mezzo), sebbene la difesa di Di Pietro parli al massimo di 65-70, in un tratto dove comunque il limite è di 30.

 

 

In ogni caso restano ancora molti elementi da chiarire per ricostruire la dinamica dell’incidente, dalla velocità esatta del Suv all’ipotesi del doppio sorpasso prima dello schianto mortale. Qualche informazione utile potrebbe arrivare dalle telecamere dei bus dell’Atac che stavano passando per la zona di Casal Palocco il 14 giugno, giorno dell’incidente.

Fonti investigative confermano che ci sarebbe la disponibilità a fornire le immagini riprese dai mezzi, da cui potrebbero emergere dettagli importanti per chiarire la dinamica del sinistro. Nel frattempo le forze dell’ordine stanno ascoltando tutte le persone informate dei fatti. Per la Procura di Roma la Lamborghini sarebbe stata in viaggio da ore, perché gli youtuber erano impegnati nella “sfida” di rimanere alla guida il più a lungo possibile. Per accertare i fatti sono stati sequestrati i supporti informatici dei 4 giovani. Sono inoltre sotto analisi le chat. È stata ascoltata dai magistrati anche Elena Uccello, la madre del piccolo Manuel: «Non ricordo nulla di quel giorno». Le è stato chiesto di ricostruire gli ultimi istanti: «Ho un vuoto di memoria». L’hanno interrogata sugli ultimi gesti meccanici che hanno preceduto la catastrofe: nulla anche qui. Elena vive in un limbo post-traumatico. «Ricordo solo di aver cercato i miei bimbi tra le lamiere, di essermi preoccupata per loro». Le questioni da chiarire sono molte e, fra tutte, quella della precedenza. A chi spettava davvero? Intanto ieri, in forma strettamente privata, si sono svolti i funerali del piccolo Manuel. 

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