Tragedia
Padova, ultimo giorno prima della pensione: muore d'infarto a lavoro
Era il suo ultimo giorno di lavoro, ma è stato anche l’ultimo della sua vita. Destino, coincidenza, in ogni caso un dolore immenso per i familiari e per i colleghi della Belvest, azienda del settore tessile di Piazzola sul Brenta (Padova). Aveva 58 anni, Michele Barco, ed era stato assunto trent’anni fa. Martedì scorso, in ditta, aveva portato bottiglie di spumante, pasticcini e cioccolatini per tutti i reparti, si era preoccupato di non dimenticare nessuno, ha raccontato la sorella incredula, distrutta. Ed ecco che nel primo pomeriggio, davanti al macchinario sul quale stava lavorando, colui che avrebbe presto festeggiato con i colleghi il pensionamento, ha avuto un malore fatale, probabilmente un arresto cardiaco. È crollato, i colleghi l’hanno soccorso, hanno chiamato il 118 e dopo l’arrivo dell’ambulanza i medici hanno provato invano a rianimarlo. La prevista giornata di festa è diventata una tragedia, alla gioia è subentrato il lugubre lutto. Tutte le attività lavorative in azienda sono state immediatamente sospese, e così è stato anche ieri. E non è solo un omaggio formale, il fatto è che tutti, alla Belvest, sono sotto shock. La direzione ha diffuso un comunicato sull’improvvisa morte di Michele Barco: «una persona fantastica, un lavoratore egregio e lo stesso come persona. Siamo profondamente colpiti da quanto è avvenuto, comprendete il nostro dolore».
Rispettato da tutti, non risulta che l’uomo avesse problemi di salute. È stato un fulmine a ciel sereno, in uno dei giorni decisivi nella vita di una persona e di un lavoratore, uno di quei giorni cui si pensa continuamente come a un obiettivo, un traguardo. Il meritato riposo dopo trent’anni di fatiche. L’ultimo saluto, con le lacrime agli occhi, ai colleghi di una vita. La festa, lo spumante, i dolci, gli abbracci, le risate, gli scherzi. E poi una nuova fase della vita, dedicata alle proprie passioni, ai propri passatempi, a spendere il tempo con i propri cari.
IL MACCHINARIO
Michele Barco non era sposato, viveva con la madre nella sua città, Piazzola. Aveva un fratello e tre sorelle. Era un uomo pieno di affetti, di amici, sicuramente enormemente attaccato alla vita. Andando in pensione soltanto a 58 anni, aveva ancora tutta una vita da inventarsi, forse l’aveva già progettata. E invece i colleghi che poco dopo avrebbero bevuto con lui l’hanno visto accasciarsi, quasi prostrarsi davanti al suo fedele macchinario di lavoro. Una sorte incredibile che ha lasciato tutti sgomenti, gelati. La sospensione del lavoro è stata una necessità oltre che un dovuto rispetto per il morto: chi, tra i lavoratori e colleghi, avrebbe potuto ancora muovere un muscolo, dire una parola, dopo aver assistito a una simile sciagurata fatalità? E il dolore è defluito anche fuori dalla Belvest, in tutta Piazzola.
NESSUN INCIDENTE
Perché quello che è accaduto non è un incidente sul lavoro, no, non c’è un colpevole – il pubblico ministero di turno ha semplicemente constatato la disgrazia e dato il conseguente nullaosta alla rimozione del corpo – è stato invece il tiro di precisione di quel cecchino appostato nell’invisibile che, a sorpresa, inopinatamente, stronca una vita nei momenti più inopportuni, secondo un suo imperscrutabile, o forse assurdo, disegno. Dicevamo prima: destino, coincidenza, sfortuna nera. Fragilità della condizione umana, che non si può far altro che accettare. È una storia che conosciamo tutti: oggi ci siamo e domani non più, siamo di passaggio, tutto è transitorio. Ma è una storia che, dannazione, non vorremmo che ci fosse ricordata mai, e comunque, di certo non nel giorno della pensione! Madama morte potrebbe almeno lasciarci godere quel giorno in pace, e poi, se vorrà, fare il suo lavoro – ma con calma, qui non si ha alcuna fretta. Ed è tragicamente ironico come la falce abbatta spesso coloro che, com’è evidentemente il caso di Michele Barco, più amavano la vita, e più la rendevano gradevole anche agli altri; e invece la stessa falce esiti, tentenni, o addirittura risparmi fino alla tardissima età persone orribilmente infelici che disperatamente la invocano, o altre che, se possiamo osare, meriterebbero perlomeno di scorgere, come ammonimento, lo scintillio della sua lama.