Il racconto da brividi
Matteo Messina Denaro, faccia a faccia con le "vedette": "Cosa ci fai qui?"
Preso. Matteo Messina Denaro ha finito la sua corsa in Cosa Nostra. Dopo 30 anni di latitanza lo Stato ha messo a segno un colpo mai visto. E "u Siccu" di fatto ha costruito il suo potere e tutta la sua latitanza nel suo paese natale, quella nuova "Corleone" che è finita al centro delle cronache per lunghi anni: Castelvetrano. Un paese di 35mila abitanti in provincia di Trapani dove il latitante ha trovato di fatto sponde e connivenze per quel gioco a nascondersi dallo Stato durato parecchi anni. E chi scrive conosce da vicino quel territorio. Castelvetrano è un paese che si estende fino al mare, fino alla costa di Selinunte e Triscina.
E proprio sul "confine" sul mare il controllo del territorio da parte dei fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro è stato totale in tutti questi anni. Un episodio, più di ogni altro, ha dato la misura di quel presidio incessante per evitare probabilmente che il boss potesse finire nelle mani delle forze dell'ordine. Sulla costa di Triscina, la zona balneare di Castelvetrano, si estende una lunga fila di case abusive che sfiorano il mare. Case che di inverno vengono di fatto "abbandonate" da villeggianti che arrivano da tutta la Sicilia, ma soprattutto dal Palermitano. Qualche anno fa, in un freddissimo inverno del 2021, mi trovavo proprio da quelle parti, dove ho una casa. Dopo aver guardato le condizioni di quell'immobile dove ho trascorso tutta la mia adolescenza, ho fatto due passi verso la spiaggia per assaporare ancora una volta l'odore della salsedine. Immediatamente mi accorsi di un controllo stretto di quella lunga lingua di terra che accarezza le onde.
Circa due chilometri battuti palmo a palmo da un paio di Suv di colore scuro che facevano la spola da un angolo all'altro della spiaggia. Passeggiando sono stato avvicinato da uno di quei Suv e un uomo, abbassando il finestrino, mi chiese chi fossi e il motivo della mia presenza lì. Risposi con poche parole: "La mia casa è lì e sto passeggiando qui sulla spiaggia". L'uomo mi guardò con fare dubbioso, alzò il finestrino e riprese il suo pattugliamento sulla costa senza dire altro. Più volte venni avvicinato da quel Suv con fare minaccioso: capire chi sei in quelle zone è determinante per allertare le varie sentinelle presenti sul territorio. Ma non finì lì. Mentre stavo tornando alla mia auto per andare via, mi fermai a fumare una sigaretta nei pressi di un muretto vicino a casa mia. Ero poggiato sul muro di cinta di una casa chiusa e apparentemente vuota in un freddissimo gennaio del 2021. E anche in quel caso all’improvviso ho sentito una voce venire da quella casa con gli infissi chiusi chiedermi ancora una volta: "Chi sei, che ci fai qui?". Un ragazzo mi si avvicinò con fare minaccioso. Risposta sempre uguale: "Sono tornato qui dopo tanti anni, quella è la mia casa dove trascorrevo l'estate". Con fare incerto arrivò la replica: "Ehm io sono qui perché mia zia ha questa casa e d'inverno la tiene chiusa e quindi io vengo qui a dare un'occhiata". Non ne ho mai avuto la certezza, ma molto probabilmente quel ragazzo faceva parte di una delle "sentinelle" del "Siccu" presenti su quei due chilometri di costa. Mi infilai in auto e andai via. Ma di certo ho avvertito sulla mia pelle quell'ombra terribile su quella spiaggia, su quelle case, su quel territorio su cui Matteo Messina Denaro ha coltivato senza ombra di dubbio la sua latitanza.