Decenni di rittardo
Nucleare, riserve e vetero-ambientalismo: paghiamo la carenza di scelte coraggiose
Riattivare le centrali a carbone? Non sia mai detto. Il nucleare? Vade retro. Estrarre il gas presente nel Mare Adriatico? Nemmeno a pensarci, le piattaforme rovinerebbero il paesaggio. I rigassificatori? Sono dannosi per la salute. Si tratta delle risposte fornite dai "bimbi viziati" (che tutto vogliono, senza nulla dare) che da molti decenni inquinano con le loro sciocchezze il dibattito pubblico italiano. Intanto, la crisi energetica è ormai esplosa con tantissime aziende in ginocchio per il caro bollette, mentre si profila una stagione invernale all'insegna dell'austerità e si rischia di non potere riscaldare adeguatamente nei prossimi mesi nemmeno gli ospedali.
EFFETTO BOOMERANG
La crisi del gas scatenata dalla Russia con l'aggressione all'Ucraina è il risultato di una mancata diversificazione nella politica di acquisto delle materie prime condotta incautamente dall'Italia negli anni scorsi, ma non si può tacere il fatto che fra le ragioni vi siano due grandi anomalie, ovvero una mediocre cultura tecnico-scientifica da parte di larghi strati della popolazione - classe dirigente compresa - e un'irresponsabile opera di demonizzazione verso tutto ciò che appartiene alle società industriali avanzate condotta da una sinistra con il vizio demagogico di tradurre l'ambientalismo in catastrofismo. Due anomalie che condannano il nostro Paese ad essere più debole e meno indipendente. Lo aveva ben capito oltre sessant'anni or sono il padre del nucleare italiano, Felice Ippolito, quando- frustrato per le difficoltà che incontrava nel persuadère i governanti dell'epoca circa la necessità di assicurare al nostro Paese un'ampia autonomia energetica attraverso le centrali atomiche. Scrive nel suo diario che «chi deve decidere non riesce a comprendere che attraverso il nucleare possiamo rendere autonome le attività industriali e tecnologiche dell'Italia». Le centrali nucleari grazie alla caparbietà dell'ingegnere napoletano vennero costruite, ma il progetto non decollò mai del tutto anche perché, accusato di reati amministrativi, Ippolito finì in carcere.
PSICOSI ATOMICA
Il colpo definitivo arrivò anni dopo, quando nel 1987, sfruttando la psicosi seguita all'incidente avvenuto a Chernobyl, i referendum abrogativi misero fuori gioco il sogno del nucleare italiano. Da quel giorno, l'Italia non è mai riuscita ad avere una politica energetica che corrispondesse alle esigenze di una grande potenza industriale moderna, mentre sempre in quel periodo iniziava l'ascesa degli ambientalisti-catastrofisti pronti a bocciare ogni progetto concreto in grado di mettere il nostro Paese nelle condizioni di non dovere dipendere dai capricci del dittatore di turno. Ora che il conflitto russo-ucraino ha svelato la nostra fragilità, forse è anche giunto il momento per quella parte di classe politica non incline ad ascoltare le sirene populiste di fare scelte coraggiose. A cominciare dalle estrazioni nell'Adriatico. I croati, nostri dirimpettai, lo stanno già facendo da un pezzo. Una vera classe dirigente, in questo momento storico, ha un solo dovere: assumere decisioni per salvare l'Italia dalla catastrofe economica. Il tempo è davvero poco.