Caso Dolomiti
Marmolada, la profezia del glaciologo Secchieri: "Quanto tempo ci rimane"
«Il ghiacciaio è un essere vivente e come tutti gli esseri viventi, senza sangue muore». Franco Secchieri studia i ghiacciai da 50 anni. Membro del Comitato Glaciologico Italiano, glaciologo, vanta quattro spedizioni nelle montagne del Karakorum e dell'Himalaya. Ultimamente si sta occupando proprio del «caso Dolomiti». Ieri dopo la tragedia sulla Marmolada l'abbiamo raggiunto al telefono. «Con le temperature così elevate è più facile che il ghiacciaio si rompa e possa franare a valle. Dal filmato che ho visto, si vede una grande massa che si stacca dalla cima dove arriva la funivia e che cadendo si polverizza. Poi la valanga percorre un sacco di strada e arriva fino al sentiero normale dove c'erano gli escursionisti che stavano facendo la salita. Ma avanti di questo passo sarà sempre peggio. Il ghiacciaio della Marmolada tra venti trent'anni non ci sarà più».
Secchieri ci spiega che sabato scorso lo zero termico era oltre i 4000 metri. Le Dolomiti arrivano a un massimo di 3300. La cima della Marmolada è 3342 metri. Un problema, perché se lo zero termico è oltre i 4000, vuol dire che la neve al di sotto si scioglie. E se si scioglie è un disastro. «Come funziona un ghiacciaio? continua Secchieri - Negli inverni prosperosi, quando nevica molto, i ghiacciai crescono perché la neve si accumula e si trasforma in ghiaccio. Per anni è accaduto questo, ma da trent' anni la neve ha iniziato a fondere e i ghiacciai scompaiono». Secchieri ci spiega che la fusione è quel fenomeno per cui la neve si trasforma in acqua. E dalle immagini riprese col drone si vede un ghiacciaio in sofferenza, roccioso, dove la neve a inizio luglio si è già sciolta. Alcune foto da lui scattate dipingono perfettamente il problema. In una immagine di 37 anni fa si vedono il manto bianco e la punta della montagna che sembra un pandoro di neve, nelle foto recenti la neve lascia il posto alla roccia e il ghiacciaio si ritira. Ok, ma come mai? «Sono tante le spiegazioni. Non c'è solo l'effetto serra. Ossia l'immissione di Co2 che fa aumentare la temperatura. Ci sono componenti astronomiche e la circolazione globale dell'atmosfera che sta cambiando. Il clima è sempre cambiato certo, ma è la velocità del cambiamento che è diversa. Una volta il ciclone africano durava pochi giorni, ora dura settimane».
Gli esperti dicono che questo Caronte ce lo porteremo dietro fino a metà agosto. Ma allora che possiamo fare? «Abbiamo già fatto tanto per rovinare il pianeta. Non possiamo deviare il corso dell'orbita della terra. Dobbiamo adattarci. Ci siamo accorti che l'acqua manca, dobbiamo cercare di trattenerla e non sprecarla. Purtroppo i ghiacciai si stanno frammentando. Se la neve si fonde i ghiacciai scompaiono. Ma il ghiaccio per vivere ha bisogno della neve. Si nutre e cresce se c'è, si ammala e muore se questa non c'è più. Del resto montagne senza neve, sono pianure senza acqua».