Fuori di senno

Ucraina, la sinistra attacca anche Papa Francesco: parla di pace, ma ai compagni non basta

Antonio Socci

Il nono anniversario della sua elezione - ieri - è stato per papa Francesco il più triste. Addirittura angoscioso. Perché dopo aver lanciato l'allarme per anni sulla terza guerra mondiale che si stava combattendo "a capitoli", ora si ritrova un mondo che rischia di precipitare definitivamente in una guerra planetaria. Che sarebbe l'ultima... E incredibilmente - dopo che nessuno ha ascoltato i suoi allarmi, compresi quelli contro la corsa agli armamenti degli Stati - c'è chi afferma, come il quotidiano Le Monde, che la sua condanna della guerra in Ucraina non è come a Parigi si vorrebbe. Eppure è impossibile equivocare i suoi interventi. Nessuno in queste settimane ha pronunciato parole così forti di condanna del conflitto, dell'odio, e di pietà e solidarietà per le vittime. Ieri all'Angelus ancora più accorato ha detto: «Fratelli e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra straziante che sta devastando l'Ucraina. Davanti alla barbarie dell'uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c'è solo da cessare l'inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!» Poi ha esortato di nuovo «all'accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo», ha ringraziato «per la grande rete di solidarietà che si è formata» e ha chiesto a tutta la Chiesa di intensificare «i momenti di preghiera per la pace» perché «Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome. Ora preghiamo in silenzio per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace».

 

 

SENZA EQUIVOCI
Ha parlato di «inaccettabile aggressione armata» in Ucraina, di «barbarie», ha implorato di metter «fine ai bombardamenti e agli attacchi». Non c'è nessuno che in buona fede possa dire che il papa non è chiaro. Ma, pur riconoscendo l'intensità degli interventi del pontefice e il suo prodigarsi per far cessare il conflitto, sia con la diplomazia che con gesti eccezionali come quando è andato personalmente all'ambasciata russa a esprimere il suo sgomento per l'invasione, Le Monde sabato ha scritto che il papa dovrebbe puntare esplicitamente il dito contro la Russia. Secondo il giornale francese «per un cattolico che ascoltasse solo lui sarebbe molto difficile sapere chi ha iniziato la guerra». Forse Le Monde ha confuso il papa con il conduttore di un telegiornale. Ammesso e non concesso che ci sia qualcuno che non è al corrente dell'invasione dell'Ucraina, va ricordato che il Papa non ha il compito di fare notiziari d'informazione, la sua missione è un'altra. Ma l'osservazione ostile del giornale francese torna utile per capire che, diversamente da giornalisti e (cattivi) politici, un Papa non inveisce mai contro singoli uomini, popoli o Stati; non pronuncia parole di odio che vanno a gettare benzina sulle fiamme dei conflitti. Lucio Brunelli, vaticanista di lungo corso, già direttore di Tv 2000, spiega: «Mai, nessun papa in condizioni analoghe, ha citato nomi e cognomi dei leader e nemmeno degli Stati. Sicuramente non lo fece Giovanni Paolo II, sia nella prima che nella seconda guerra in Iraq. I Pontefici hanno sempre trovato il modo affinché il destinatario del messaggio fosse chiaro senza puntargli contro il dito. Come quando papa Wojtyla, già vecchio, si rivolse a Bush, Blair e Aznar, riuniti nel vertice di guerra alle Azzorre, il 16 marzo 2003, chiamandoli "quelli più giovani di me", con queste parole: "Io appartengo a quella generazione che ha vissuto la seconda Guerra Mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest'esperienza: Mai più la guerra!, come disse Paolo VI nella sua prima visita alle Nazioni Unite. Dobbiamo fare tutto il possibile!". Così Bergoglio non cita la Russia ma è chiaro a chi si rivolge». Del resto, come ha notato il filosofo Massimo Borghesi, il 6 marzo il Papa ha perfino risposto alla propaganda di Putin, che parla di «operazione militare», dicendo: «Non si tratta solo di un'operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime». Inoltre - spiega Brunelli - bisogna capire che «c'è una sapienza anche diplomatica nel non fare i nomi: lasciare sempre uno spiraglio al dialogo, alla resipiscenza. Non chiudere mai del tutto la porta. Ma ormai nessuno sa più fare Politica e Diplomazia con la maiuscola».

 

 

LA TELA DEL DIALOGO
Infatti il Papa e il Segretario di Stato Parolin continuamente - anche in queste ore - offrono la disponibilità della Santa Sede come mediatrice per tessere la tela del dialogo e della trattativa. Va detto infine che nell'attacco del Monde si riflette l'ideologia oggi dominante - a Ovest come a Est - secondo cui si tratta di guerra fra il Bene e il Male, fra Buoni e Cattivi e che ci si deve arruolare da una parte o dall'altra. Il Papa però non si fa arruolare da nessuno: sta con le vittime. Non fa il cappellano di nessun impero. Non solo perché ogni parte ha le sue colpe e una storia di errori, non solo perché il mondo non si divide fra Nato e Russia, ma soprattutto perché è cattolico, universale, in quanto appartiene al Redentore che vuole salvare tutti, nessuno escluso. Porta al collo la croce che rappresenta tutte le vittime della storia umana, ma quello del crocifisso è un abbraccio che, con le vittime, vorrebbe stringere a sé e salvare anche i colpevoli. È la "folle" misericordia di Dio che ha pietà di tutti. Infatti, come ha detto all'Angelus, il Papa chiede di pregare «per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace».

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