Green pass, altra mazzata ai no vax: "No ai test rapidi per avere il certificato"
Abbiamo una certezza: i militanti No pass non stanno minimamente intaccando la determinazione dei tecnici del ministero. Mentre i primi marciano per cancellare i divieti, i secondi studiano come appesantire le prescrizioni anti-Covid. La ragione di tutto ciò è nei numeri. Rispetto a un mese fa, la media giornaliera di nuovi contagiati è raddoppiata in Italia (da circa 2500 al giorno a più di 5000). Il tasso di positività sui tamponi ieri è arrivato all'1,7%. La media dei morti per ora è bassa, ma chiaramente la paura è che anche il nostro Paese faccia la fine di tante nazioni del Nord Europa costrette in questi giorni a varare provvedimenti ultra-drastici per frenare il Coronavirus. In Germania sono stati registrati ieri 201 nuovi contagi su 100.000 abitanti, il triplo dell'Italia e il numero massimo mai toccato dall'inizio della pandemia. Il caso più discusso, però, è quello dell'Austria, che a partire da ieri ha imposto il lockdown per i non vaccinati. Per quanto riguarda questo punto, va detto che praticamente tutti i tecnici del Comitato tecnico scientifico sono concordi sul fatto che imitare il governo di Vienna chiudendo in casa i No vax in Italia - oltre a non essere auspicabile - non sarebbe neanche possibile, perché «in contrasto con la nostra costituzione», come spiegato dal coordinatore del Cts Franco Locatelli.
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La soluzione allo studio sarebbe quindi indicata nei giorni scorsi da Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza, convinto che nel futuro prossimo non si potrà più consegnare il green pass ai vaccinati che si sottopongono a test antigenico perché «questo esame dà falsi negativi anche nel 30% dei casi». Troppi errori, quindi, e questo consente il moltiplicarsi dei contagi. «Specie con la variante Delta, se si entra con un test falso negativo in luogo dove ci sono persone suscettibili, l'infezione si verifica». E questo è solo l'inizio. In un secondo momento la consegna del lasciapassare potrebbe essere ulteriormente limitata, escludendo del tutto i tamponi, anche quelli molecolari. «La certificazione verde andrebbe rilasciata solo a chi si vaccina o a chi è guarito», sostiene Massimo Andreoni, primario di Infettivologia a Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali. L'idea sarebbe quindi di seguire il modello tedesco. In Germania il pass vale solo per vaccinati e guariti. In realtà, dal punto di vista giuridico seguire questa strada potrebbe comportare dei problemi.
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Il Green pass è stato messo alla prova da numerosi ricorsi e ha praticamente sempre superato l'esame. L'ultima sentenza in ordine cronologico è di ieri: il Tar del Lazio si è espresso sulla base di un esposto di alcuni insegnanti della regione che contestavano l'esistenza del lasciapassare. I giudici amministrativi hanno però dato ragione allo Stato, proprio in virtù del fatto che il Green pass non rappresenta «un obbligo vaccinale», ma «fornisce un'alternativa», che è ovviamente quella di sottoporsi periodicamente a tamponi. Se dovessero cambiare le regole, si rischia quindi una nuova pioggia di ricorsi. Mentre Palazzo Chigi studia alternative, una cosa pare ormai certa: vista l'impennata di infezioni le misure restrittive legate al Green pass verranno prorogate fino alla prossima estate. Detto in altri termini, saremo obbligati a esibire certificati fino almeno a giugno, in attesa di valutare gli sviluppi dell'epidemia. Sviluppi che potrebbero essere legati anche ai nuovi farmaci: l'Agenzia del Farmaco italiana ha annunciato ieri che a breve arriverà una decisione sull'autorizzazione all'utilizzo del nuovo antivirale Merck, primo medicinale specifico contro il Covid che ha superato i test.
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