Famiglie in guerra
Eitan rapito e portato in Israele: "Chi è veramente il nonno". L'ombra del Mossad sul blitz in Italia
Dopo la tragedia che ha sconvolto la sua vita, il piccolo Eitan si trova ora al centro di una vicenda contorta, che chiama in causa dinamiche familiari dai contorni indefiniti. Il piccolo (6 anni), è l'unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, dove il 23 maggio scorso la caduta di una cabina della funivia ha provocato la morte di 14 delle 15 persone al suo interno. Tra le vittime anche i genitori, il fratellino e i bisnonni di Eitan. Nei mesi successivi al dramma si è consumata una controversia tra il ramo materno e quello paterno della famiglia per la custodia del piccolo, che sabato scorso è stato allontanato dalla casa della zia materna (a cui era stato legalmente affidato) e trasferito di gran fretta in Israele dal nonno paterno. In virtù di quest' azione repentina, la Procura di Pavia ha aperto un'inchiesta per sequestro di persona. E ora la comunità ebraica si chiede sgomenta come sia possibile che le autorità abbiano permesso che un bimbo di 6 anni potesse imbarcarsi in questo viaggio senza una delega. Riavvolgiamo il nastro: nelle ore successive al crollo della funivia, il giovane è stato ricoverato all'ospedale Regina Margherita di Torino; una volta dimesso è stato affidato alla zia paterna, Aya Biran-Nirko, medico di 41 anni residente a Travacò Siccomario (Pavia).
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ROUTINE - A spezzare questa routine è stato Shmuel Peleg, nonno materno di Eitan che dopo essere andato a trovare il piccolo sabato scorso (nell'ambito di una visita concordata) non lo ha più riportato indietro. Quella sera il ragazzo è infatti arrivato in Israele assieme al nonno: operazione resa possibile dal fatto che Peleg fosse in possesso del suo passaporto. Stando alle testimonianze dei Biran, il giudice tutelare aveva chiesto la restituzione del documento di Eitan per il 30 agosto ma i Peleg si sarebbero rifiutati di rispettare la consegna: così il nonno ha potuto imbarcare Eitan in un volo privato. Una dinamica che non convince Milo Hasbani, presidente della Comunità ebraica milanese, il quale si chiede «come abbiano fatto le autorità a far uscire un bimbo di 6 anni con un passaporto, da solo e senza una delega». Il fatto che si sia utilizzato un volo privato non sarebbe una spiegazione sufficiente, «considerando che anche i voli con aerei privati hanno regole ben precise». Dalla comunità ebraica milanese arriva anche una «decisa condanna nei confronti di questo gravissimo atto, che viola le leggi italiane e internazionali». A preoccupare il ramo paterno della famiglia è il fatto che Eitan sarebbe stato «strappato alle cure psicologiche e terapeutiche a cui era sottoposto», con il rischio di nuovi traumi. La zia che lo aveva in custodia ha inoltre affermato che Peleg «è stato condannato per maltrattamenti nei confronti dell'ex moglie, la nonna materna», ponendo anche la questione dello stato mentale e fisico della zia materna. Non si è fatta attendere la replica; a parlare è stata Gali Peleg, zia materna: «Non abbiamo rapito Eitan, lo abbiamo portato a casa come i suoi genitori volevano».
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RAMI FAMILIARI - A loro detta, il piccolo avrebbe molti più rapporti con loro che con l'altro ramo della famiglia: «Lei (Aya Biran, nda) non ha foto con lui». Secondo la testimonianza dei Peleg, una volta sbarcato Eitan avrebbe «urlato di eccitazione quando ci ha visto. Lui - ha aggiunto la zia materna hai genitori sepolti in Israele, è con una famiglia che conosce; abbiamo agito per il suo bene». A quanto sembra, uno dei moventi potrebbe essere proprio il timore, da parte del ramo materno, che vivendo in Italia Eitan potesse perdere l'identità ebraica. Nella serata di ieri Cristina Pagni, civilista che segue i Biran non esclude un contributo dei servizi segreti: «L'ipotesi aleggia ma non abbiamo certezza che il nonno ne facesse parte». In attesa di sviluppi resta il commento sconsolato di Aya Biran: «Eitan è cittadino italiano, è arrivato in Italia a un anno, la sua casa è a Pavia dove è cresciuto. Tutto il suo percorso di vita è stato a Pavia. Lo aspettiamo a casa e siamo molto preoccupati per la sua salute».